Lo sfogo di Conte: un pezzo di Stato sta remando contro il governo e le riforme
«C’è un pezzo di Stato che rema contro le riforme e contro il governo». Mentre organizza senza sosta gli Stati generali dell’economia, Giuseppe Conte si lamenta dei ritardi dei ministeri, degli ostacoli frapposti ai pareri che ha chiesto, delle resistenze molteplici che sta incontrando il suo decreto legge su semplificazioni, appalti e infrastrutture. Avviene questo mentre in un’indubbia corsa contro il tempo, filtrano dettagli sugli Stati generali dell’economia: il premier avrebbe invitato in videoconferenza anche il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Parlamento Ue David Sassoli, la presidente della Banca mondiale, Kristalina Georgieva, oltre ad alcuni premi Nobel e ad alcuni economisti di fama internazionale.
Scolorisce il piano Colao
A Palazzo Chigi di sera si riuniscono i capidelegazione della maggioranza, il premier e il ministro Gualtieri illustrano un documento base che hanno predisposto durante la giornata, una piattaforma degli Stati generali, che dovrebbero cominciare venerdì a Villa Doria Pamphili. Saranno giornate dense, che potrebbero vedere le assise terminare la settimana successiva e durare almeno sette giorni. L’appuntamento voluto da Conte dunque si allunga, secondo le richieste del Pd, e sarà strutturato a secondo delle categorie: una giornata intera con le opposizioni, una con i sindacati, una con le imprese, un’altra ancora di taglio internazionale, e così via. Il governo indicherà una visione per i prossimi anni, i contributi di tutti saranno recepiti in quello che poi diventerà il Recovery plan italiano, la promessa delle riforme, nero su bianco, che Roma a settembre dovrà mandare a Bruxelles per beneficiare degli aiuti promessi dalla Ue e che andranno confermati nei prossimi Consigli europei.
In questo quadro appare scolorire il piano Colao consegnato ieri al presidente del Consiglio, pieno di buone intenzioni, ma in fondo deludente a detta di molti ministri. Dovrebbe essere uno dei fondamenti della sintesi programmatica che dovrà fare il premier, in realtà appare come un elenco di buoni propositi, tutte le riforme mai fatte nel Paese, ma senza un’indicazione chirurgica su dove e come investire.
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