I rischi di troppe ambiguità

È significativo che Matteo Salvini preferisca sottolineare «l’amicizia del M5S con alcuni regimi: penso a Cina, Venezuela e Iran», glissando sulla storia dei soldi: anche perché, aggiunge il leader della Lega, «sono mesi che inseguono soldi russi che non esistono». Il riferimento è al pasticcio dei finanziamenti che ha chiesto a Mosca un intermediario della Lega: storia non ancora chiarita, e fonte di ambiguità simmetrica a destra. Gli attacchi del centrodestra erano prevedibili: mirano a indebolire il governo. Ma la saga venezuelana ripropone comunque il tema della politica estera delle forze andate al potere nel 2018. A volte, sembra rimanere incompiuta la loro emancipazione da un’identità e una storia che mescolano euroscetticismo e terzomondismo antioccidentale.

Imbarazzo e irritazione, stavolta, sono palpabili. Il grillino Luigi Di Maio è ministro degli Esteri, e il premier è stato indicato dal M5S. E il timore che la pista venezuelana, per quanto da verificare, scolorisca le credenziali a-tlantiste del governo, costringe a ribadire la scelta di campo italiana. Non a caso ieri Di Maio, in un incontro al quale è intervenuto il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha rivendicato «il legame transatlantico » come «la più strategica delle risorse» per l’Italia e l’Europa. Non solo. Ha espresso anche «comprensione» per le preoccupazioni statunitensi rispetto all’influenza cinese: in particolare sulla tecnologia 5G. Insomma, ha cercato di allontanare qualsiasi sospetto sulla politica estera.

D’altronde, non si può affermare che l’esecutivo, con dentro Pd, Leu e Iv, sia favorevole al regime di Maduro. Il problema è che in passato è stato complicato anche giudicarlo contrario. La politica grillina ha oscillato tra lealtà europea e indulgenza verso alcune dittature: proprio come la Lega viene accusata di assecondare l’antieuropeismo di nazioni come l’Ungheria di Viktor Orbán , e di subalternità alla Russia di Putin. La reazione furiosa del M5S alle accuse del centrodestra rispecchia il timore di essere risucchiato e schiacciato su un vecchio cliché: tanto più insidioso perché non ancora del tutto superato all’interno del Movimento.

Si minacciano querele e si fa quadrato intorno alla memoria dell’icona Casaleggio, il fondatore scomparso. Si ricordano i 49 milioni «della truffa della Lega, le tangenti per la sanità lombarda e il Russiagate». E si attacca FI «partito di indagati e condannati…». E naturalmente i grillini se la prendono con i giornali: tipici riflessi difensivi dei Cinque Stelle. È il tentativo di riconquistare l’unità perduta da tempo. Per paradosso, le rivelazioni di ABC, già smentite in passato, potrebbero ricompattare un Movimento protagonista di un declino vissuto quasi in streaming: anche se per ora l’immagine è quella di un formicaio litigioso, illuminato da riflettori che si vorrebbe tanto spegnere.

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.