Perché dobbiamo costruire una rete per salvare più imprese dal fallimento

Sono esclusi dalla moratoria i ricorsi dell’imprenditore in proprio quando l’insolvenza non è conseguenza diretta dell’epidemia. Ma è difficile provare un nesso causale tra i due fenomeni. Sono escluse anche le istanze connesse a vicende anomale di concordato preventivo e quelle proposte dal pubblico ministero per provvedimenti cautelari e conservativi oppure quando c’è il rischio della fuga dell’imprenditore e del trafugamento dei beni». AIUTI PER LE IMPRESE E LE PARTITE IVA

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La selezione difficile

Che cosa si può ragionevolmente fare? «Nel decreto liquidità — spiega il magistrato Roberto Fontana che segue i reati economici presso la procura della Repubblica di Milano, ex componente della commissione Rordorf sulla riforma della legge fallimentare — non si è distinto, e non si poteva nell’emergenza fare altrimenti, tra crisi legate alla pandemia e le situazioni delle imprese già prima insolventi. Dunque, il blocco delle richieste di fallimento è stato esteso anche ai casi in cui i debiti non pagati erano ad esempio scaduti da un anno. Può essere utile prorogare questa moratoria però in tal caso occorrerebbe fare una distinzione netta secondo il tipo di crisi, prevedendola solo per le imprese che, all’inizio dell’anno, non avevano alcun problema e si sono trovate in difficoltà in conseguenza del Covid. Per le altre già decotte non si può ritardare ulteriormente l’apertura di una procedura concorsuale per evitare gravi danni al mercato e, in generale, a tutti i creditori. Un’impresa insolvente, se non si interviene, è una bomba innescata che può travolgere le altre con effetti a catena. Quando viene presentata una richiesta di fallimento, l’impresa può sempre comunque evitarlo richiedendo al tribunale il termine per proporre un concordato ai creditori. Non dimentichiamoci che, tra le società insolventi, una buona parte lo è in conseguenza di vere crisi mentre un’altra fetta non ha mai pagato i debiti fiscali e previdenziali alterando il sistema della concorrenza anche con grave danno per la finanza pubblica che è creditrice verso i fallimenti per 160 miliardi con una media di recupero dell’1,6 per cento». Stati Generali, il premier ai sindacati

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Come si vede il crinale è veramente sottile. Ma di fronte a un cataclisma che ha colpito duramente soprattutto le piccole e microimprese si può correre il rischio di chiudere un occhio su comportamenti disinvolti (che però i curatori potranno sempre perseguire) e sulla necessaria selezione del mercato, pur di evitare che decine di imprese precipitino nell’insolvenza trascinando i loro dipendenti nel nulla dell’economia. «Il terreno è veramente scivoloso — osserva Carlo Robiglio, vicepresidente per la Piccola impresa di Confindustria — perchè occorre il massimo del rigore nel richiedere correttezza e trasparenza a tutti, ma il contesto è drammatico. Prevediamo per settembre e ottobre grandi difficoltà sul versante del credito, soprattutto alle microimprese. Le piccole aziende vivono sul circolante e il circuito dei pagamenti si interrompe subito, il filo dei legami nelle varie filiere è sottile, persino invisibile. Noi richiamiamo costantemente i nostri associati a una sorta di maggiore solidarietà imprenditoriale. Insomma, chi può paghi, continui a pagare. E poi dovremo preoccuparci dei contraccolpi sociali che non saranno purtroppo lievi».

Turismo & co.

C’è qualcosa in più, che Robiglio fatica a dire, ed è la necessità di sostenere psicologicamente l’imprenditore in difficoltà, colpito duramente dal Covid, soprattutto nei settori più esposti, come il turismo o i trasporti. E impedire a tutti i costi che veda nell’autofallimento la scorciatoia pur drammatica per risolvere, limitando i danni, l’angoscia di una crisi di mercato. Una sorta di suicidio assistito. E poi c’è l’agguato dell’usura e della criminalità organizzata.

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha detto che il 10 per cento delle aziende del settore del commercio e dei servizi (270 mila) è esposto a questo rischio. E il 60% delle imprese del commercio e della ristorazione è in estrema sofferenza per il calo e, in qualche caso, l’annullamento del fatturato oltre al carico delle spese per la sanificazione degli esercizi.

Alcuni piccoli commercianti, che già si vedevano rassegnati a un inesorabile declino, si sono ripresi durante i mesi del lockdown. E sarebbe una beffa davvero inconcepibile se si vedessero promuovere un’istanza di fallimento proprio nel momento in cui tornano a respirare sopra il pelo dell’acqua.

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