Iva, le 4 aliquote e le ipotesi di riduzione: quali prodotti potrebbero costare meno
di Marco Sabella
Le 4 aliquote e le ipotesi di riduzione
L’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, è stata introdotta in Italia nel 1973. L’aliquota ordinaria negli ultumi 47 anni è aumentata ben 9 volte. Ma se nel 1973 si attestava al 12% oggi tocca il 22% con un aumento che in circa mezzo secolo è stato di ben 10 punti percentuali.
Gli ultimi aumenti dell’Iva sono
stati il 17 settembre 2011, quando si passò dal 20 al 21% e il 1° di
ottobre 2013, quando l’imposta salì al 22%. Fino allo scorso anno
— complice il meccanismo delle clausole di salvaguardia, che
prevedevano un aumento automatico dell’Iva se non fossero stati
raggiunti determinati obiettivi di contenimento del deficit pubblico —
il tema all’ordine del giorno era quello di come evitare ulteriori
inasprimenti dell’Iva. Oggi con lo scoppio della pandemia da Coronavirus
e lo scostamento previsto di 85 miliardi (tutti in deficit) rispetto
agli obiettivi iniziali di bilancio) si fa strada per la prima volta
l’ipotesi di un taglio dell’Iva, una misura chiesta a gran voce dallo
stesso presidente del Consiglio. É un’ipotesi possibile?
«Affinché il
taglio sia significativo e abbia un impatto sull’economia reale
dovrebbe trattarsi di una manovra del valore complessivo di almeno 10
miliardi», spiega il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio
Mariano Bella. Le ipotesi in questo caso potrebbero essere due:
a)
un taglio di 3 punti percentuali all’aliquota del 22%, che potrebbe
scendere al 19% (ogni punto percentuale di questo scaglione vale circa
3,4 miliardi di euro di gettito per l’Erario)
b) Un taglio dal 22 al 21% dell’aliquota “normale” e una discesa di 2-3 punti percentuali sull’aliquota “ridotta” del 10%.
Ma vediamo nel dettaglio quali sono le categorie merceologiche e il gettito apportato dai 4 scaglioni dell’aliquota Iva: il 4%, il 5%, il 1o% e il 22%. Tra i prodotti e i servizi esenti Iva ci sono i servizi medici, l’istruzione e i servizi domestici. Interessati dall’imposta sono dunque i consumi, per un ammontare di 820 miliardi di euro
Pages: 1 2