Dobbiamo avere paura dei focolai di Covid? «No, ma sono la prova che il virus c’è»
1. Che cos’è un focolaio?
La
definizione classica si riferisce a uno, 2 o più casi di infezione
associati tra loro, quindi che si dimostrano avere un comune filo
conduttore. Secondo Stefania Salmaso però questa classificazione non può
valere per il Covid 19 «in quanto nel 30% delle situazioni si è
trattato di trasmissione domestica, all’interno dello stesso gruppo
familiare che ha contagiato i contatti durante l’isolamento. La
definizione andrebbe riformulata».
2. E il cluster?
Si tratta di casi concentrati in una stessa area e ravvicinati nel tempo che non possono essere messi in collegamento fra loro. Sono molto temuti proprio per l’impossibilità di avere dati certi.
3. Nell’ambito di una pandemia i focolai sono eventi attesi?
Sì,
i focolai epidemici fanno parte della naturale evoluzione di una
pandemia. Lo sforzo iniziale è stato quello di trasformare la
circolazione generalizzata del virus a circolazione limitata nel tempo e
nello spazio. Questo obiettivo è stato raggiunto con il lockdown
e l’adozione di contromisure individuali (distanziamento, mascherina).
Ora la pandemia in Italia si manifesta con una serie di focolai che
vanno circoscritti ed estinti. La capacità di un sistema sanitario di
tenere in pugno la situazione si misura proprio con la tempestività con
la quale riesce a intervenire sui punti di riaccensione delle infezioni e
a impedire che si propaghino.
4. Gli episodi che stanno caratterizzando l’andamento estivo della pandemia si potrebbero ripetere?
Sì,
è probabile che si ripetano in altre zone del Paese. I dipartimenti di
prevenzione sul territorio stanno lavorando per monitorare la situazione
a livello locale e intervenire non appena c’è il sospetto del rischio
che il virus si riprenda.
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