Dobbiamo avere paura dei focolai di Covid? «No, ma sono la prova che il virus c’è»
5. Che cosa dimostrano i focolai italiani?
Che
il virus continua a circolare imperterrito, che le temperature estive
non lo inibiscono e che bisogna avere la consapevolezza della sua
immutata pericolosità specie nei confronti delle persone anziane e con
malattie croniche. C’è però un secondo aspetto positivo: fino a questo
momento il sistema di contact tracing ha funzionato nel prevenire l’ulteriore espansione dei contagi in situazioni potenzialmente molto pericolose ad esempio a Roma (istituto di neuroriabilitazione San Raffaele), Mondragone (palazzine abitate da braccianti bulgari), Bologna (azienda Bartolini, Brt).
6. Se siamo in vacanza e nelle vicinanze viene segnalato un focolaio cosa dobbiamo fare?
Non c’è ragione di abbandonare il posto, a meno che non vengano date disposizioni dall’amministrazione locale. Si dovrebbe ragionevolmente continuare la vacanza accentuando il rispetto di comportamenti sicuri. Evitare il più possibile luoghi di assembramento, indossare le mascherine nei luoghi chiusi e nel caso non sia possibile mantenere la distanza di un metro anche all’aperto. Queste misure hanno funzionato bene durante il lockdown.
7. La app «Immuni» potrebbe essere d’aiuto?
L’app
di monitoraggio del contagio, che avvisa quando abbiamo avuto contatti a
rischio con una persona poi risultata positiva, è stata scaricata da 4
milioni di italiani, troppo pochi. Se la sua diffusione continua ad
essere tanto limitata, l’applicazione perde la sua efficacia. Alcune
Regioni hanno creato la loro app che però hanno una funzione molto
limitata. Il governo farà presto un nuovo appello affinché Immuni
venga scaricata. Dice il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri:
«Credo che ci siani molti pregiudizi su questa app. I dati non vengono
rintracciati e non c’è una schedatura».
8. Perché è importante scaricarla?
Quando
scatta l’indagine epidemiologica per rintracciare i contatti di un caso
positivo non sempre si riesce a ricostruire tutti i movimenti. L’app è
un’ulteriore protezione.
(Hanno risposto alle domande del Corriere gli epidemiologi Stefania Salmaso e Massimo Ciccozzi e l’infettivologo Massimo Andreoni).
CORRIERE.IT
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