La trappola del rimpasto di Governo
Qualche mente raffinata e perversa ha escogitato una trappola. Ma l’Avvocato del popolo ingenuo non è. Fiutato l’inganno, sta prendendo tempo. Come Bertoldo che non trovava mai l’albero dove farsi impiccare, anche lui accampa mille scuse per rinviare un rimpasto di governo che in molti gli propongono ma da cui non uscirebbe vivo. Anzi, più Italia Viva, una parte del Pd e i Cinque stelle glielo sollecitano nel suo stesso interesse, più il premier si insospettisce e traccheggia. È giunto alla conclusione che cambierà la squadra ministeriale solo se vi sarà davvero costretto; altrimenti ne farà volentieri a meno. E per capire dove stia la polpetta avvelenata, proviamo a metterci nei panni di Giuseppe Conte.
A rischio licenziamento risultano cinque ministre: tre ripudiate dai grillini (Nunzia Catalfo, Lucia Azzolina, Paola Pisano), due contestate dai Dem (Paolo De Micheli e Luciana Lamorgese). Per rimpiazzarle con un rimpasto, Conte dovrebbe chiamarsele una a una, magari invitarle a cena, e indurle con le buone a cedere la poltrona. Sperticandosi in elogi, si capisce; chiarendo che non di bocciatura si tratterebbe perché ciascuna di loro è stata di gran lunga la migliore; ma purtroppo c’è una folla di personaggi che sgomita (questa sarebbe la giustificazione del premier) e a bordo del governo non c’è posto per tutti, dunque qualcuna dovrà sacrificarsi per il bene comune.
Seguirebbero drammi, musi lunghi, disperazione. Per restare insensibile Conte, al posto del cuore, dovrebbe avere un bidone di spazzatura. E se qualcuna delle ministre cedesse, firmando le dimissioni, il premier troverebbe immediatamente un nuovo ostacolo: il passaggio parlamentare. Sergio Mattarella non risulta sia stato interpellato a riguardo; se mai lo fosse, però, direbbe a Conte che 2 o 3 cambi di poltrona non potrebbero passare sotto silenzio; esigerebbero un dibattito davanti alle Camere seguito da un voto di fiducia.
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