La trappola del rimpasto di Governo
Perciò Conte, dopo aver liberato un po’ di poltrone, dovrebbe compiere un ulteriore miracolo: accontentare l’intera maggioranza che lo sostiene, incominciando da Matteo Renzi che pretende un ministero in più; con il Pd che non glielo vuol dare; coi Cinque stelle che non sanno cosa volere. E tutto questo nel migliore dei casi, perché la maionese potrebbe impazzire.
Per esempio: se qualche ministra rispondesse seccamente no, “col cavolo che mi dimetto”, e si mostrasse determinata a resistere, Conte non saprebbe come farla fuori. Colpa dei nostri Padri costituenti i quali, nello scrivere l’articolo 92, dimenticarono di prevedere un potere di revoca in capo al premier. Ecco una vera riforma mancata, di cui però nessuno si cura: la possibilità di avvicendare i ministri. Col risultato che questi, una volta nominati dal presidente della Repubblica, diventano tutti inamovibili. Imbullonati alle loro poltrone. Per schiodarli contro la loro volontà esistono due sole maniere. La prima è una mozione individuale di sfiducia votata dalla stessa maggioranza. C’è un precedente nella storia e risale al 1995, quando l’allora Guardasigilli Filippo Mancuso venne cacciato dal governo Dini per avere disposto delle ispezioni (allora considerate sacrileghe) sull’operato del “pool” di Mani Pulite. Ma Conte quali delitti potrebbe addossare alle sue ministre? Al massimo di non combinare nulla.
L’altra strada è azzerare tutto con una bella crisi: allora sì che il premier potrebbe ridisegnare l’intera squadra, liberandosi dei pesi morti. Sarebbe la via maestra o, se si preferisce, l’uovo di Colombo. Però Conte, qualora scegliesse di aprire la crisi, dovrebbe a sua volta dimettersi; dopodiché non è detto che riceverebbe di nuovo l’incarico. Durante le consultazioni sul Colle a qualcuno, magari, potrebbe venire in mente di proporre un nome diverso dal suo; Mattarella sarebbe obbligato a prenderne atto e così Conte, in un amen, verrebbe risucchiato nel mondo degli ex. Ecco perché, quando gli parlano di rimpasto, il presidente del Consiglio finge di non sentire. Mena il can per l’aia. E intanto si tiene strette le sue ministre, comprese le più improbabili.
L’HUFFPOST
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