Omicidio Willy, cambia l’accusa: «Chi l’ha picchiato voleva uccidere»

La famiglia di Willy ha salutato un’ultima volta l’aspirante cuoco presso la camera ardente allestita nell’Istituto di medicina legale del Policlinico Tor Vergata. Poi è tornata a chiudersi nel silenzio con cui piange da domenica mattina la morte di Willy. Un dolore composto, essenziale, quello della famiglia Monteiro Duarte, anche nei manifesti funebri, sui quali non compare la foto del 21enne ma un volto santo, dove si invita a fare beneficenza in favore della parrocchia e della Caritas anziché portare fiori e dove l’enormità di quanto accaduto emerge solo dal luogo dei funerali, il campo sportivo Piergiorgio Tintisona, oggi alle 10. Capienza limitata a 1.300 persone per decisione del prefetto.

I genitori Armando e Lucia, muratore lui, badante lei, in Italia da 20 anni, hanno appreso la notizia del cambio di imputazione dalla radio, mentre tornavano a casa sull’auto di un amico a cui avevano chiesto di accompagnarli. Il loro volto non ha cambiato espressione. Mai in questi giorni hanno detto una parola contro gli assassini o invocato giustizia. «Non ci sentiamo di dire niente», sussurra la signora rientrando in casa. La figlia Milena si fa in quattro per dare loro sostegno. Sul muretto davanti al citofono qualcuno ha lasciato un lumino rosso dello stesso tipo di quelli che a decine affollano gli scalini della cappella di Sant’Antonio, poco più su rispetto alla loro abitazione. Su un foglio una frase di Gandhi scritta a penna: «L’odio può essere sconfitto solo dall’amore».

Ieri mattina la famiglia ha ricevuto anche la cintura di «Campione di Vita» dedicata a Willy dalla Federazione pugilistica italiana e consegnata da Christopher «Gringo» Mondongo «per il coraggio dimostrato da Willy nel difendere un amico. Un nobilissimo gesto che gli è costato la vita». Intanto, su decisione del prefetto Piantedosi è stata chiusa per cinque giorni la palestra Millennium Sporting Center di Lariano dove i fratelli Bianchi praticavano la Mixed Martial art allenati dallo zio Luca Di Tullio. Un provvedimento motivato da «gravi violazioni di natura amministrativa».

CORRIERE.IT

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