Italia in ritardo sul Recovery. Piano ancora tutto da scrivere
Finora sono stati solo definiti i cosiddetti «cluster» di intervento: digitalizzazione e innovazione; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per la mobilità; istruzione e formazione; equità, inclusione sociale e territoriale; salute. Con un occhio ai 36 miliardi del Mes. Al momento non ci sono cifre o capitoli, si parla di «politiche di supporto», investimenti pubblici che dovranno arrivare «ampiamente sopra il 3 per cento del Pil» e di «revisione delle concessioni» per aumentare la «qualità dei servizi, costi e investimenti». Ci sono anche la riforma del fisco, ma è una vaga «riduzione strutturale del cuneo fiscale sul lavoro, tramite riforma Irpef in chiave progressiva», e la riforma dei sussidi «con particolare attenzione a quelli dannosi per l’ambiente». Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, due giorni fa nel consiglio europeo dei ministri delle Finanze a Berlino, ha assicurato che invece l’Italia lavora «molto duramente» e presenterà presto «un piano molto ambizioso per la ripresa. Interverremo su molti nodi strutturali per rimettere l’Italia su un sentiero di crescita». E a chi gli ha chiesto conto dei tempi, aveva già detto che «vorrei avere un piano fatto molto bene che ci sia quando deve partire piuttosto che affrettare una cosa e tenerlo poi nel cassetto per due mesi». Rassicurazioni anche dal ministro per gli affari europei Enzo Amendola: «Il governo non è in ritardo sul Recovery Plan per la spesa dei 209 miliardi che dovrebbero arrivare dal l’Ue con il Recovery Fund. Tutto deve essere organizzato tra gennaio prossimo e il 2026. Tutti i fondi vanno impegnati tra il 2021 e il 2023 e spesi entro il 2026. Devono avere una realizzazione rapida con cronoprogrammi chiari altrimenti perdiamo le risorse e non mi sembra una cosa intelligente».
IL GIORNALE
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