Cambio di stagione (ma per tutti)
La politica italiana passa, in una notte, dalla guerra di posizione alla guerra di movimento. Leader, partiti, militanti, governo, media dovranno subito mutare azione e strategia, pena perdersi, per una fase non breve. Il risultato del referendum, con la vittoria del Si, ma un pacchetto di No, per qualità e geopolitica, assai pesante, e il pareggio nelle Regioni 3 a 3, ci forza verso una stagione di cambiamento e riforme, con il tesoro dei 209 miliardi europei, e del possibile Mes, a finanziare l’uscita dell’Italia dalla stagnazione che dura da 25 anni e che la sospinge, in modo drammatico, verso il declino, come temono gli studiosi Andrea Capussela e Miguel Gotor.
Dall’estate del 2019, con il cupio dissolvi del leader della Lega Matteo Salvini al Papeete dopo il fuoco di paglia delle elezioni europee, eravamo bloccati nella guerra di posizione, in trincea. Per i 5 Stelle di Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Casaleggio jr, che avevano fatto ingoiare alla base due governi, prima con i soci dell’odiato Kaimano Berluska, poi con i Pidioti di Bibbiano, si trattava di arroccarsi intorno al premier Conte e aspettare tempi migliori. Per il Pd, che aveva accettato di malavoglia, grazie alla mossa del cavallo di Matteo Renzi, l’alleanza con i grillini, era imperativo tener Salvini fuori dal governo. Per la Lega dare finalmente, in Toscana, la botta che fallì in Emilia Romagna, grazie alla sagacia riformista del presidente Bonaccini; per la Meloni sgonfiare pian piano il rivale leghista; per Berlusconi sopravvivere con quel che resta di Forza Italia, pronta, dietro la regia raffinata di Gianni Letta, a dare una mano al primo ministro ove occorresse. Anche Renzi, Carlo Calenda e la Emma Bonino prendevano tempo, come Pierluigi Bersani, per ricamare le frange di sinistra riformista e radicale.
Il voto brucia ogni attendismo e chiama politici, paese e opinione pubblica a un salto repentino.
Giuseppe Conte incassa un ottimo risultato, non cadrà, salvo incidenti di percorso da noi mai escludibili, fino alla scadenza della legislatura e ha da gestire il cospicuo cespite di capitali europei. Con l’aiuto di Rocco Casalino, spin doctor sottovalutato dagli analisti cicisbei ma che gli fa azzeccare non poche mosse (il cinema America seduto in terra, il lutto per Willy Monteiro, l’ascolto agli scienziati sulla pandemia, la pace con Renzi, accompagnare il figlio a scuola), Conte ha un consenso che gli altri leader europei si sognano, e lo ha speso con bravura vis a vis i vertici europei, dialogando con Merkel e Macron, usando la sponda del commissario Gentiloni e dello Speaker del Parlamento EU Sassoli. Ora però la sua dote centrale, smussare, limare, ottundere le questioni come il Conte Zio (ironia dei nomi!) suggerisce nei Promessi Sposi del Manzoni “Sopire, troncare…troncare, sopire”, non gli basterà più, dovrà “Sveglia e innestare”, vale a dire decidere, accontentare qualcuno e scontentare altri, e la sua leadership sarà, di conseguenza, arricchita o perduta.
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