Tesori sommersi: dove sono, quanto valgono e a chi appartengono
Avevano a bordo il carico più prezioso mai ritrovato, oltre un miliardo e mezzo di dollari. Sono i relitti di Nuestra Señora de la Mercedes, Nuestra Señora de Atocha, il galeone pirata Whydah e la SS Gairsoppa. Due sono stati trovati dalla Odyssey Marine Exploration, la più famosa società di cacciatori di tesori sottomarini. Secondo una stima dell’Unesco sarebbero circa 3 milioni i relitti di navi nei mari del mondo, molte affondante con i loro «patrimoni». Per difendere questi gioielli dell’archeologia dai predatori è stata varata nel 2001 la convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, firmata da 64 nazioni, tra queste non compaiono Stati Uniti e Gran Bretagna. L’Italia ha contribuito a redigerne il testo, l’ha ratificata nel 2009 e solo a dicembre dello scorso anno ha annunciato la creazione di una Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Subacqueo che avrà la sede principale a Taranto e due sedi distaccate a Napoli e a Venezia per monitorare il Tirreno e l’Adriatico. Ad oggi, però, è ancora tutto su carta.
Cosa succede a un relitto scoperto?
Quando un relitto viene individuato fino a 200 miglia nautiche dalla costa, la sua proprietà è del Paese in questione. La cosa si fa più complicata quando si trova in quelle internazionali: la nazione proprietaria della nave può rivendicarla, ma di fatto il relitto è di chi lo trova. Un bottino su cui si sono lanciate le società di esplorazione commerciale moderne – soprattutto americane, inglesi, canadesi e brasiliane — autorizzate spesso dagli Stati nelle cui acque è stato trovato il relitto che concedono loro lo sfruttamento commerciale del sito dietro il pagamento di una tassa. Che non sempre pagano: alle Bahamas il governo ha ricevuto un solo pagamento dopo che sono stati rilasciati 71 permessi di recupero in 27 anni. L’Unesco è in prima linea contro queste società perché le operazioni di sfruttamento commerciale non sono eseguite seguendo gli standard scientifici di scavo nei siti archeologici, visto che si concentrano solo sul recupero dei materiali di valore.
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