Von der Leyen presenta il piano su migranti e asilo: i ricollocamenti non saranno obbligatori

Dopo lo screening, i migranti «potranno essere indirizzati nella giusta procedura, sia alla frontiera per determinate categorie», sia «nell’ambito di una normale procedura di asilo» per coloro che chiedono lo status di rifugiato. L’obiettivo è di prendere «decisioni rapide in materia di asilo o rimpatrio», promette la Commissione. «Tutte le altre procedure saranno migliorate e soggette a un monitoraggio più forte e al sostegno operativo delle agenzie dell’Ue», che si serviranno anche di un’infrastruttura digitale per monitorare le domande.

Solidarietà «obbligatoria»: o ricollocamenti o finanziamenti ai rimpatri

Il secondo pilastro del nuovo patto chiama in causa i singoli Stati Ue. Questi ultimi «saranno tenuti ad agire in modo responsabile e solidale gli uni con gli altri», come già previsto dai Trattati Ue. «Ogni Stato membro, senza alcuna eccezione, deve agire in modo solidale nei periodi di stress — sottolinea la Commissione — per contribuire a stabilizzare il sistema generale, sostenere gli Stati membri sotto pressione e garantire che l’Unione adempia ai propri obblighi umanitari». In relazione alle diverse situazioni degli Stati membri e alla pressione dei flussi migratori, la Commissione propone «un sistema di contributi flessibili da parte degli Stati membri» che potranno aprire le porte alla «ricollocazione dei richiedenti asilo dal Paese di primo ingresso», ma anche farsi carico del rimpatrio «di persone senza diritto di soggiorno» (con contributi da 10 mila euro a persona) o offrire «varie forme di supporto operativo». Il nuovo sistema, come quello in vigore, si basa quindi su forme di sostegno su base volontaria, ma «nei momenti di pressione sui singoli Stati membri saranno richiesti contributi più rigorosi, sulla base di una rete di sicurezza». Quest’ultima si reggerà su «un meccanismo di solidarietà» che coprirà «lo sbarco di persone a seguito di operazioni di ricerca e soccorso, pressioni, situazioni di crisi o altre circostanze specifiche».

Le partnership con i Paesi extra-Ue

Il terzo pilastro è quello delle partnership coi Paesi extra-Ue. Questi «aiuteranno ad affrontare sfide condivise come il traffico di migranti», ma anche «a sviluppare percorsi legali» di ingresso nei Paesi Ue e garantiranno «l’efficace attuazione degli accordi e delle disposizioni di rimpatrio». L’Ue e suoi Stati membri «agiranno in unità utilizzando un’ampia gamma di strumenti per sostenere la cooperazione con i Paesi terzi in materia di rimpatri». La Commissione mira anche a rafforzare il controllo delle frontiere esterne con il Corpo permanente della guardia di frontiera e costiera europea, il cui inizio delle attività è previsto per il primo gennaio 2021.

Il piano della Commissione ora dovrà essere approvato dagli Stati membri e dovrebbe sostituire il regolamento di Dublino, da anni molto criticato perché impone il criterio del «primo Paese d’arrivo» per decidere quali Stati debbano occuparsi dell’identificazione e soprattutto della richiesta d’asilo di chi proviene da un altro continente. Dal 2015 le pressioni migratorie hanno generato grandi tensioni sulla gestione di questi flussi tra i Paesi europei, divisi tra chi chiedeva maggior solidarietà (tra cui l’Italia, che voleva i ricollocamenti obbligatori) e chi non accettava alcuna redistribuzione.

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