DIGITALE: LA CINA, NOI E LA SICUREZZA
di Federico Fubini
Il governo ha mosso un passo per evitare che l’Italia si risvegli un giorno soffocata nell’abbraccio delle tecnologie cinesi. Palazzo Chigi mira a «perseguire una strategia di indipendenza strategica nell’ambito dell’Unione europea». È un primo segnale. Nessuno ufficialmente ha fatto i nomi dei grandi gruppi cinesi Huawei e Zte, candidati a fornire in Italia connessioni mobili superveloci con il 5G. Tutti capiscono però che questa rete, con quella fissa in fibra, è l’articolazione attraverso cui correranno l’economia, la vita istituzionale e dei cittadini. Meglio dunque ricordare che dal 2017 la legge cinese obbliga le imprese della Repubblica popolare a condividere con il loro governo, su richiesta, qualunque dato in loro possesso. Anche se deriva da attività all’estero. In sostanza, il concetto di «sovranità digitale» di Pechino è così pervasivo che non si auto-limita neanche se interferisce nella sovranità altrui; neanche se va contro le leggi degli altri Paesi, dato che nella Ue la protezione dei dati personali è elevata.
Ora, questo non è un problema astratto. Il social network cinese Tik Tok a inizio 2020 aveva 4,5 milioni di profili in Italia. Huawei, Zte, Lenovo e altre imprese dell’Impero di mezzo sono già oggi fornitrici di grandi aziende italiane e potrebbero essere costrette dalla legge di Pechino a violare la legge italiana per permettere al loro governo di praticare forme di spionaggio industriale o politico o di ricatto sui singoli.
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