Coronavirus in Italia a due velocità. L’ipotesi: al Nord ora ci sono più anticorpi
di LOREDANA DEL NINNO
“Inizia a delinearsi una nuova geografia nella diffusione del Coronavirus, che sembra stia viaggiando in Italia a due velocità”. La distinzione, per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che redige settimanalmente un rapporto sui contagi, va fatta tra Nord e Sud. E – sempre secondo Cartabellotta – gli ultimi dati lasciano ipotizzare che la minor percentuale di positivi sui tamponi effettuati in alcune regioni settentrionali possa in parte essere dovuta all’aumento dei soggetti protetti da anticorpi, la tanto sospirata immunità di gregge.
“In particolare, nella settimana 23-29 settembre il rapporto positivi su casi testati – spiega il numero uno della Gimbe – è sotto la media nazionale (3,1%) in alcune regioni del Nord fortemente colpite dall’emergenza, come la Lombardia (1,9%) e l’Emilia Romagna (2,2%), mentre è superiore in Campania (5,4%), Sardegna (4,3%) e Sicilia (3,5%”. “Il differente impatto della pandemia tra Nord e Sud emerge in maniera più netta – aggiunge – monitorando la percentuale dei casi attivi ospedalizzati che in numerose regioni del Centro-Sud è nettamente superiore alla media nazionale del 6,6%: Sicilia (11,1%), Lazio (10,2%), Puglia (9,2%)”. La visione di Cartabellotta, in merito all’auspicabile immunità di gregge, è condivisa parzialmente dalla comunità scientifica.
“Non concordo di frequente con le posizioni del dottor Cartabellotta – afferma Matteo Bassetti, ordinario di Malattie infettive e primario al San Martino di Genova –, ma in questo caso posso essere d’accordo. Non parlerei però di una vera e propria immunità di gregge, piuttosto del fatto che il virus fa più fatica ad attecchire nelle regioni dove nei mesi scorsi i numeri dei contagi sono stati rilevanti per la presenza di un maggior numero di potenziali immunizzati. Aggiungerei anche la maggiore esperienza delle strutture sanitarie del Nord nel tracciare e circoscrivere i contagi, acquisita proprio fronteggiando i mesi più critici della pandemia”.
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