Coronavirus in Italia a due velocità. L’ipotesi: al Nord ora ci sono più anticorpi

Più critico Massimo Clementi, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele. “Gli studi immunologici sul virus sono ancora in corso, è prematuro trarre qualunque conclusione”,taglia corto.

Scettico pure Donato Greco, napoletano, specializzato in malattie infettive e tropicali, igiene e medicina preventiva e statistica sanitaria, ed ex direttore del Centro nazionale di epidemiologia. “Da un punto di vista strettamente scientifico – dice – si può citare l’ immunità di gregge solo quando la percentuale degli immunizzati raggiunge il 90 per cento”.

“Il tema è da considerare attentamente – conclude Pierluigi Lopalco professore di igiene all’università di Pisa – perché non conosciamo ancora la durata della protezione dalla malattia e non sappiamo se le persone che hanno contratto l’infezione sono immunizzate a loro volta. Interrogativi importanti che in mancanza di risposte certe, potrebbero dare luogo a ipotesi fuorvianti. Inoltre in Italia le zone dove si registra una percentuale di soggetti che potrebbe garantire una sorta di immunità collettiva (60%) sono davvero poche”.

QN.NET

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