I ritardi sul Recovery Fund rilanciano il Mes, nel governo è scontro Gualtieri-Zingaretti
alessandro barbera, marco bresolin
Come in una disfida fra sette, ormai sono divisi fra messianici e antimessianici. E però non è una guerra di religione, più prosaicamente la battaglia fra gli audaci che vorrebbero portare a casa i soldi facili del Mes (acronimo di Meccanismo europeo di stabilità) e chi invece ne teme le conseguenze politiche. Il segretario Pd Nicola Zingaretti è il capo dei messianici. Con lui la lobby delle Regioni, il partito di Matteo Renzi, Luigi di Maio e l’ala realista dei Cinque Stelle. Gli antimessianici sono guidati dal premier Giuseppe Conte, il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri, colleghi Pd come Dario Franceschini e Roberto Speranza. Il sonno degli antimessianici è disturbato dal voto in Parlamento per autorizzare il sì al fondo salva-Stati. Se i grillini si dovessero spaccare, addio maggioranza. L’esito del vertice di ieri a Bruxelles fra i capi di Stato sta rafforzando le ragioni dei messianici. Lo scontro sul bilancio europeo e la difesa dello Stato di diritto in Europa è la dimostrazione che i soldi del Recovery plan potrebbero arrivare ben oltre la primavera. Senza quell’accordo la procedura per concedere all’Italia i primi 65 miliardi a fondo perduto non può nemmeno iniziare.
L’ottimismo post-elezioni di chi vedeva il governo Conte al 2023 è già offuscato. La legge di bilancio del 2021 non può prescindere dal sostegno dell’Unione, e senza di esso il debito italiano rischierebbe di tornare nel mirino degli investitori non appena l’emergenza Covid verrà meno.
Lo stallo è tale da impedire il via libera alla nota di aggiornamento dei conti pubblici, l’atto con il quale il governo è tenuto ad anticipare cosa intende fare di qui ad un anno. Una riunione programmata per ieri fra i tecnici è slittata a oggi. Il Consiglio dei ministri è convocato per lunedì, ma nessuno è ancora in grado di garantire se ciò avverrà.
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