Sullo stato d’emergenza il Governo è sordo, l’opposizione è cieca

Questo gioco di specchi rischia di nascondere la vera contraddizione che attraversa sia la posizione del governo sia quella dell’opposizione. Diciamola così: per imporre l’obbligo di mascherine per tutti, dare una stretta sugli assembramenti in termini di sanzioni, insomma per varare i contenuti di questo dpcm (sacrosanti a giudizio di questo giornale) non serve lo stato di emergenza, basterebbe la legislazione ordinaria (Sabino Cassese lo spiega da mesi). Così come non servirebbe neanche per chiudere ristoranti, pub e bar, ipotesi per ora accantonate per il timore (vedi i numeri del Nadef) di ricadute economico-sociali. Insomma la radicalità dell’impalcatura istituzionale d’insieme cozza con misure che appaiono non altrettanto radicali, ma di puro buon senso, di fronte alla ripresa dei contagi, misure illustrate con grande serietà e rigore dal ministro Speranza in Parlamento.

Tuttavia, ecco il punto, l’emergenza è l’unica dimensione politica all’interno della quale il governo ha trovato la sua razionalità e coesione, per cui la legislazione si prolunga anche all’interno di un paradosso per cui non vi ricorrono paesi che stanno peggio di noi e dove è tornato all’ordine del giorno il tema di nuovo lockdown, come Francia e Spagna, mentre l’adotta l’Italia che non è in situazione di drammatico allarme. E l’opposizione, appunto lo specchio, anch’essa cede alla logica emergenziale per cui sembra che ci siano i carri armati in strada, anche se si tratta solo di mettere le mascherine. In un paese normale, con un opposizione normale, e un clima non drogato dall’eccezionalismo, qualcuno si sarebbe alzato e avrebbe detto: gentili signori del governo, proprio perché la situazione è delicata e abbiamo a cuore il paese, condividiamo le misure annunciate sulle mascherine, ragionevoli e razionali e, proprio per questo vi chiediamo di portarle in Parlamento, di condividerle, rinunciando alla legislazione speciale e di non impedire un impegno comune nell’interesse del paese.

Invece, il gioco degli specchi è anche un gioco delle parti. Il governo non coinvolge e non condivide, perché sa che l’opposizione non è disposta a farsi coinvolgere e a condividere. In fondo sono due fragilità, in cui ognuno si regge sulla fragilità dell’altro. Finché non si rompe lo specchio.

L’HUFFPOST

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