Covid, Galli: «Chiudere bar e ristoranti alle 23 sarebbe un segnale forte e utile»

di Adriana Bazzi

Covid, Galli: «Chiudere bar e ristoranti alle 23 sarebbe un segnale forte e utile»

Mascherine all’aperto, ma anche no, inutili secondo alcuni esperti. Chiusura di bar e ristoranti anticipata alle ore 23, ma perché se si vuole diluire la presenza di persone nei luoghi di ritrovo? Niente balli per le scuole di amatori, ma con quali criteri? Insomma, c’è una grande confusione nell’interpretare i provvedimenti previsti dal nuovo Dpcm. E a questo si aggiunge il problema delle partite di calcio, rinviate, e il tema della scuola. Intanto i casi di nuovi contagi in Italia oscillano: un po’ meno ieri rispetto all’altroieri. Un balletto di cifre che dipende anche dal numero di tamponi fatti. A chi credere e come comportarsi? Cerchiamo di fare il punto con uno dei massimi esperti di questa pandemia, dall’inizio sul campo, l’infettivologo Massimo Galli, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano e professore all’Università statale, che ha appena avuto una meritata nomination per l’Ambrogino d’oro, una benemerenza del Comune di Milano, per la sua attività in prima linea nell’emergenza Covid.

Professor Galli, come giudica le nuove norme di comportamento del nuovo decreto del presidente del Consiglio?
«Ecco, preso dal mio lavoro quotidiano di assistenza ai pazienti, soprattutto quelli più gravi, e di coordinamento delle attività di ricerca, non ho ancora avuto modo di leggere i nuovi provvedimenti. Ma, come mi dice lei, la regola delle mascherine è ragionevole, basta un po’ di buon senso: va sicuramente indossata quando si è in vicinanza di altre persone, altrimenti non serve. Per dire, quando passeggio con mia moglie al parco lontano da altre persone».

E l’ipotesi di un’eventuale chiusura di ristoranti e bar alle 23?
«Sarebbe un segnale forte (e utile) nella direzione di un controllo della movida. Non dimentichiamo che Paesi più tolleranti, come Francia, Spagna e Regno Unito, stanno pagando ora le conseguenze di comportamenti un po’ disinvolti».

Rispetto al marzo scorso, qual è la situazione negli ospedali?
«Le richieste di ricovero stanno leggermente aumentando, rispetto a dieci giorni fa, come numero e come gravità della malattia. Ma non siamo alla pressione del marzo scorso. L’estate è stata troppo vivace in tutta Europa e il contagio si è rianimato: i giovani contagiati hanno trasmesso il virus ai meno giovani».

Siamo alla «seconda ondata» della pandemia da Sars-Cov2?
«Detesto parlare di “ seconda ondata”, per scaramanzia, ma certo è che vediamo una ripresa. Come del resto è successo per la pandemia di influenza spagnola nel 1918-19. La seconda ondata arriverà se si ripresenterà un nuovo focolaio senza controllo. Ma un secondo lockdown è assolutamente da evitare per le implicazioni che avrebbe sulle possibilità di ripresa e sull’economia».

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