Salvini: «Il ruolo di Meloni in Europa? Sempre di opposizione parliamo. Voglio la rivoluzione liberale»
Però, per un amante del calcio come lei, perdere in casa (Lombardia) è un delitto.
«Al primo turno abbiamo vinto pressoché ovunque, salvo alcune eccezioni che non sottovaluto. Certo, a Lecco abbiamo perso perché al ballottaggio abbiamo lasciato per strada mille elettori».
Il segretario della Lega lombarda Grimoldi ha dato la colpa al maltempo che ha scoraggiato la gente…
«Non
scherziamo e facciamo autocritica. Se avessimo riportato al seggio gli
elettori che erano andati al primo turno avremmo stravinto.
Evidentemente, è mancato qualcosa».
A cosa si riferisce?
«Non
guardo solo a Lecco, parlo in generale. Voglio una Lega più presente
nei mondi esterni alla politica. Bisogna parlare con i professionisti e
le imprese. Nei capoluoghi dobbiamo essere più presenti».
In Lombardia le città sono quasi tutte governate dal centrosinistra. E voi?
«È
un limite nostro. Ripeto, dobbiamo coinvolgere di più le persone.
Alcune porte delle sezioni della Lega sono rimaste chiuse. Guardate quel
che è successo a Macerata. Abbiamo vinto schierando un professionista
non iscritto. Cerchiamo di essere meno gelosi di chi ci può aiutare».
Con Giorgetti vi siete visti dopo diverse punzecchiature.
«Abbiamo
fatto una bella chiacchierata. Lui è il responsabile Esteri. Con lui la
prossima settimana incontreremo i nostri parlamentari europei perché
sul tavolo ci sono dossier importanti su cui vogliamo far valere il
nostro peso».
Giorgetti è un suo antagonista o un consigliere?
«Sono montature giornalistiche. Lo stimo molto e, come con Zaia, mi ci confronto spesso».
Sull’Europa, però, pare avere idee diverse dalle sue.
«Lui
dice, e lo penso anch’io, che è necessario dialogare con tutti. Poi
ogni cosa ha i suoi tempi. È chiaro che prima o poi torneremo al governo
e per allora dovremo avere solide alleanze europee. Ci stiamo
lavorando».
Non sembrerebbe.
«Riservatamente ci sono interlocuzioni ad alti livelli».
Nelle ultime elezioni è mancato l’annunciato sfondamento a Sud.
«Mah, 5 anni fa non esistevamo proprio. Ora abbiamo 8 consiglieri regionali fra Puglia e Campania».
Un po’ poco…
«Riproporre candidati conosciuti non ha dato un segnale di cambiamento».
Giorgia Meloni si è conquistata un ruolo visibile in Europa. E lei che fa?
«Sempre
di opposizione parliamo. In Europa comandano popolari e socialisti. Al
di fuori di lì, non fa grande differenza. Siamo d’accordo, invece, sul
fatto che si debba pesare di più. Però, attenzione, perché non è chiaro
dove andrà il Ppe. Se va a sinistra non mi interessa, se si sposta sulle
posizioni di Orbán avvio il dialogo».
Ma il leader ungherese non è un grande amico dell’Italia.
«Perché, la Merkel pensa al suo o al nostro paese?».
Anche il cardinal Ruini invita lei e Meloni a dialogare con l’Europa.
«Ho letto l’intervista al Corriere e
l’ho molto apprezzata. Dialoghiamo a Bruxelles tutte le settimane senza
dirlo in giro. D’altra parte, voi pensate che si possa vincere con il
75% in Veneto senza un confronto continuo con le principali cancellerie
europee? Governiamo in 14 Regioni su 20, non siamo marziani».
Parlava di riorganizzare la Lega. E il centrodestra?
«Vale
lo stesso discorso: ascoltare e coinvolgere. Nella partita delle grandi
città vogliamo vincere ovunque. Nell’incontro di domani (stamattina,
ndr) inciterò a fare quello scatto in avanti che anche in queste
Regionali abbiamo faticato a fare».
Giovanni Toti è andato a cena con Mara Carfagna. L’hanno invitata?
«Io porto fuori la mia fidanzata. Spero abbiano mangiato bene e prodotto contenuti interessanti».
Che ruolo può svolgere Toti?
«È appena stato rieletto a furor di popolo per governare per 5 anni la Liguria».
Quindi, stia al suo posto.
«Anche Zaia mi ha detto che pensa solo alla sua Regione. Sono entrambi risorse».
Può essere un leader?
«Lo decideranno gli elettori, non le cene ristrette».
L’ex presidente del Senato Marcello Pera, già tra i fondatori di Forza Italia, è diventato suo consigliere?
«L’ho
incontrato più volte insieme ad altre teste pensanti. Abbiamo bisogno
di cervelli per ragionare sul futuro, come fece a suo tempo Berlusconi.
Le idee di Pera sono stimolanti».
Quali, in particolare?
«Condivido
l’idea della necessità di una rivoluzione liberale. Abbiamo bisogno di
liberare energie, di sfruttare le potenzialità degli italiani. E non
pretendo di essere da solo in questo impegno. Sto lavorando anche con
FI».
Le hanno modificato i decreti Sicurezza.
«È stato un errore, un passo indietro pericoloso perché
si torna a dare speranze all’80% dei richiedenti asilo che non scappano
da alcuna guerra. Torneremo al business dell’immigrazione clandestina.
Ma qui, in generale, mi pare che al governo di sinistra interessi solo
smontare quel che di buono abbiamo fatto noi».
Non è legittimo?
«In tempi di virus sarebbe più opportuno costruire ma questi sono tenuti insieme solo dall’antisalvinismo».
Visto che non ha pagato molto, adesso lei cambierà stile? Modererà i toni?
«Conta
la sostanza, non la forma. Di sicuro ora non ci sono campagne
elettorali alle porte ed avrò più tempo per dedicarmi a quel lavoro di
costruzione di cui ho detto. Ogni settimana incontrerò una categoria».
Meno selfie e più incontri?
«I selfie me li chiedono anche industriali e artigiani…».
CORRIERE.IT
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