L’avversione dei 5 Stelle al Mes: quanto pesa l’identità

È la seconda causa: sono i numeri, bellezza, e tu non ci puoi fare proprio niente. Alle elezioni del 2018 i 5 Stelle superano il 32 per cento dei consensi diventando il primo partito italiano. Ottengono 227 deputati e 112 senatori. Dopo di allora hanno subito molti abbandoni ma restano tuttora il partito di gran lunga più forte in Parlamento. Per inciso, quelli che li danno ormai per spacciati hanno venduto troppo presto la pelle dell’orso. Quasi certamente, alle prossime elezioni, i 5 Stelle non riscuoteranno i successi del 2013 e del 2018 ma da lì a considerarli finiti ce ne corre. Non bisogna mai confondere i risultati elettorali locali e quelli nazionali. Verosimilmente, non saranno più partito di maggioranza relativa ma resteranno una forza politica con cui tutti, in un modo o nell’altro, dovranno fare i conti.

La terza causa consiste nel fatto che il secondo partito della coalizione di governo, il Pd, non possiede alcun credibile strumento di pressione e di ricatto per superare il veto dei 5 Stelle sul Mes. Per esempio, non può rivolgersi al Parlamento scavalcando il governo. Nonostante la posizione di Forza Italia convergente con quella del Pd, non esiste una maggioranza parlamentare pro-Mes. Inoltre, e soprattutto, il Pd non può nemmeno minacciare (credibilmente) una crisi di governo. Se ciò fosse possibile, i 5 Stelle cederebbero subito, terrorizzati all’idea del drastico ridimensionamento elettorale che comunque subirebbero. Ma tutti sanno che il Pd non intende mollare questo governo a nessun costo. Almeno fino all’ elezione del presidente della Repubblica. Per questo il Pd non dispone di alcun mezzo di pressione in riferimento a molte cose, Mes compreso.

Ogni tanto, curiosamente, si sente dire: tocca a Conte prendere posizione sul Mes. La cosa buffa è che talvolta questa tesi viene sostenuta anche da persone che si sono sempre opposte a qualunque progetto di riforma costituzionale che prevedesse un rafforzamento della posizione del capo del governo. Nonostante l’illusione creata dall’emergenza Covid, Conte, costituzionalmente parlando, non è Johnson né Merkel. È un mediatore, non un decisore. Nulla può quando il più importante partito della sua coalizione pone un veto a difesa di un qualche «valore non negoziabile».

Resta inevasa una domanda: ma perché il Mes, per i 5 Stelle, riguarda valori non negoziabili, ossia l’identità? Che ciò sia vero nel caso della Lega di Salvini è comprensibile. La svolta sovranista di Salvini si sposò a un antieuropeismo (ammorbidito di recente ma soltanto un po’) di cui l’ostilità alla Germania era l’ingrediente principale. In quella visione, il Mes è un cavallo di Troia della Germania, espressione della prepotenza tedesca, un mezzo per imporre l’odioso controllo teutonico sull’Italia.

Ma nel caso dei 5 Stelle? Non si sottoposero costoro a una specie di conversione europeista quando votarono, nel Parlamento europeo, a favore dell’attuale presidente della Commissione Ursula von der Leyen? E non è vero forse che da allora hanno messo la sordina al loro originario antieuropeismo? D’altra parte, se i 5 Stelle non avessero allora cambiato atteggiamento sull’Europa, il Pd non avrebbe mai potuto fare un governo con loro. E dunque? Non è facile identificare le ragioni attuali dell’opposizione 5 Stelle al Mes. Possiamo forse solo dire che la storia pesa. Per molto tempo il Mes è stato per quel movimento una specie di bestia nera (più o meno con gli stessi argomenti di Salvini). Dopo che hai a lungo spiegato ai tuoi elettori e militanti quanto brutta e cattiva sia una certa cosa, diventa difficile dipingerla , di punto in bianco, come bella e buona. Soprattutto se i tanti compromessi di governo che hai dovuto accettare hanno intaccato, agli occhi degli elettori, la tua originaria purezza ideologica.

Tenuto conto del fatto che la politica italiana, nella sua quotidianità, è fatta, in larga misura, di giochi di parole e di trucchi da illusionisti, forse chi governa potrebbe trovare qualche gabola che permetta di ricorrere al Mes fingendo di fare tutt’altro. Oppure bisogna lasciar perdere, non pensarci più. In quest’ultimo caso, sarebbe una cosa gentile (e anche una simpatica eccezione) se il primo ministro dicesse, sull’argomento, qualche parola chiara ai cittadini.

CORRIERE.IT

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