Coronavirus, Crisanti: «In Italia si è sbriciolato il sistema di controllo sul virus»
Professor Crisanti, cosa sta succedendo al sistema di controllo dell’epidemia?
«Semplice: si sta sbriciolando sotto il peso dei numeri
ed è finito fuori controllo. Con 9-10 mila casi al giorno, la
sorveglianza non puoi più farla perché non hai la capacità di testare
tutti i soggetti a rischio. Per affrontare un carico del genere
servirebbero risorse gigantesche per tamponi, reagenti e struttura.
Bisognava contenere il contagio sotto quota duemila. Ci siamo riusciti
per un po’, dopodiché la prima linea di difesa è saltata e il sistema è
crollato».
E ora cosa si può fare?
«Dobbiamo
cercare di riportare il contagio a un livello sostenibile, in modo che
il sistema di controllo torni a essere efficace».
In concreto?
«Prima applicherei con gradualità misure di restrizione accettabili dal punto di vista economico, con una politica aggressiva di identificazione dei focolai e zone rosse. E poi farei un reset della situazione per due-tre settimane, una sorta di pausa di sospensione, non chiamiamolo lockdown che spaventa, implementando limitazioni di movimento alla gente e alle attività. E, una volta portata la curva a un punto di sopportazione, ripartirei con la sorveglianza attiva».
Quando lo farebbe il reset?
«Bisognerebbe intervenire quando i casi non sono troppi. Mi spiego: un conto è partire da 10 mila contagi al giorno e altra cosa sono 50 mila, che sarebbe disastroso. Quindi dipende molto dalla dinamica dell’epidemia. Io avevo ipotizzato il periodo di Natale, anche perché in quei giorni le scuole sono chiuse e la vaporiera industriale rallenta. Ma tutto dipende dalle prossime settimane».
Lei cosa prevede?
«Io
credo che supereremo presto quota 15 mila. Fra una decina di giorni
vedremo quale sarà l’effetto delle misure prese dal governo e si
capirà».
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