Fisco, la metà degli italiani non dichiara reddito. In 18 milioni versano solo il 2% di Irpef: il Paese a infedeltà fiscale
Chi sostiene quindi il generoso welfare state italiano? Considerando il
gettito Irpef al netto del bonus Renzi, per il 2018 pari a 171,63
miliardi tra Irpef ordinaria (l’89,93% del totale), addizionali
regionali (7,17% del totale) e addizionali comunali (2,89% del totale),
il grosso dell’Irpef è a carico dei contribuenti con redditi da 35 mila
euro in su, seppur con degli evidenti distinguo. Partendo nell’analisi
dagli scaglioni di reddito più elevato, sopra i 300 mila euro si trova
solo lo 0,10% dei contribuenti versanti: 40.880 soggetti, che pagano il
6,05% dell’imposta complessiva. Lo 0,10% paga più del doppio del 43,89%
degli italiani! Tra 200 mila e 300 mila euro si colloca invece lo 0,14 %
dei contribuenti che versa il 3,06% di tutta I’Irpef, mentre con
redditi lordi sopra i 100 mila euro c’è l’1,22%, dei contribuenti, che
tuttavia pagano il 19,80% dell’Irpef. Sommando anche i titolari di
redditi lordi da 55.000 a 100mila euro, si ottiene che il 4,63% dei
contribuenti paga il 37,57% dell’imposta totale e, considerando i
redditi dai 35.000 ai 55mila euro lordi, risulta che il 13,07% paga il
58,95% di tutta l’Irpef. Volendo infine ricomprendere anche i redditi
dai 20 ai 35mila euro che tuttavia versano imposte non sempre
sufficienti a pagarsi tutti i servizi, si arriva a una perfetta sintesi
del sistema: il 42% dei contribuenti versa quasi il 91% di tutta
l’Irpef, mentre il restante 58% ne paga solo l’8,98%.
E così, mentre i contribuenti che dichiarano più di 35 mila euro possono a ragione dirsi tartassati, non potendo neppure beneficiare di una qualche agevolazione a fronte delle imposte versate (ticket sanitari, trasporti, etc.), il 58% degli italiani con redditi sotto i 20 mila euro ne ha a disposizione una profusione, senza che nulla (o quasi) venga fatto per accertarne il reale bisogno. Risulta in effetti difficile credere che poco meno della metà del Paese possa davvero vivere con redditi tanto bassi. Ecco perché, al posto di lanciare proposte demagogiche e spesso destinate ad alimentare l’invidia sociale, sarebbe il momento di mettere in pista una politica fiscale che incentivi l’emersione, ad esempio attraverso il contrasto di interessi tra chi compra la prestazione e chi la fornisce. Facciamo un esperimento: per tre anni tutti possono portare in detrazione dalle imposte dell’anno il 50% delle piccole spese domestiche – lavori idraulici, elettrici, edili, manutenzione auto e moto, – con fattura elettronica (incrocio dei codici fiscali), nel limite di 5.000 euro annui per una famiglia di tre persone, limite che aumenta di 500 euro per ogni ulteriore componente; nel caso di incapienza sono previste misure compensative (quota asili nido, mense ecc.). I risultati? Favorire l’emersione del nero in un Paese ad alta infedeltà fiscale e aiutare i redditi delle famiglie (spesso, va detto, bassi rispetto alla media Ue), aumentandone il potere d’acquisto e favorendo i consumi. Un cambiamento vero, fuori dai lacci della burocrazia e finalmente a favore dei nostri concittadini, soprattutto quelli onesti.
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