Errori e ritardi che ora pesano
di Massimo Franco
Ha una strana eco, la parola «ristoro» applicata all’ennesimo decreto di Palazzo Chigi. Non si capisce se vada declinata come sinonimo di sollievo, o possa diventare un toccasana per le attività delle quali il governo ha deciso la chiusura parziale o totale. È forte il sospetto che si tratti di una misura riparatrice, almeno nelle intenzioni, per errori e ritardi accumulati in questi mesi. Il decreto rischia dunque di rivelarsi una fonte di ulteriore confusione, e dunque di scontento e di protesta in un’Italia ormai non solo scettica ma sconcertata.
Sarebbe inopportuno ironizzare sul lessico utilizzato dagli uffici del premier Giuseppe Conte per comunicare provvedimenti giustificati dall’emergenza del coronavirus: la questione è tremendamente seria. Riesce difficile, tuttavia, non osservare che a sottovalutarla da luglio a oggi è stato proprio l’esecutivo. Registrare l’ennesimo cortocircuito nella maggioranza e gli smarcamenti strumentali di questo o quell’alleato serve a poco: anche perché sono mosse delle quali è difficile vedere uno sbocco politico. Sono segnali di frustrazione, non strategie alternative.
Ma la novità è che fotografano, per quanto goffamente, uno sfilacciamento del tessuto sociale sempre più accentuato. Il vero allarme al quale Conte e il suo governo dovrebbero prestare attenzione sono non tanto la fine della luna di miele con l’opinione pubblica segnalata dai sondaggi, o gli strappi alleati, quanto i conati di rivolta in molte, troppe città italiane. Sono le avanguardie arrabbiate, confuse e probabilmente infiltrate da estremisti e criminali, di un Paese che si è sacrificato; e di colpo è colto dal dubbio di averlo fatto inutilmente.
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