Errori e ritardi che ora pesano
Le tentazioni dell’opposizione di cavalcare la rabbia delle «piazze» e i distinguo alleati vanno inquadrati in uno sfondo di tensioni difficili da arginare. Si sta diffondendo nel Paese la sensazione di avere buttato via mesi nei quali sarebbe stato opportuno prepararsi alla nuova ondata di contagi: in primo luogo negli ospedali, nelle scuole, nei trasporti pubblici. Invece, Palazzo Chigi si è cullato a lungo nell’autocompiacimento di un «modello italiano» senz’altro non peggiore di altri, ma oggi segnato dall’imprevidenza e dalla mancanza di decisioni degne di questo nome.
Avere ritardato un «sì» o un «no» chiari sul prestito europeo del Mes per rafforzare il sistema sanitario sta producendo frutti avvelenati. Conte si è lasciato irretire dai veti di un grillismo compatto solo nei pregiudizi più irresponsabili. Così, il reticolo degli ambulatori sul territorio è rimasto sguarnito e a corto di risorse e di personale. Ci si ritrova di nuovo con gli ospedali investiti da un’ondata di malati spaventati e disorientati. Mancano i vaccini antinfluenzali promessi. Per fare i tamponi si è assistito allo spettacolo umiliante, in primo luogo per le istituzioni nazionali e locali che dovevano garantirli, di file di ore.
La parola d’ordine della convivenza con il virus si sta trasformando in un incubo. Ma non si può pensare di esorcizzarlo ricorrendo di nuovo a una chiusura dell’Italia che farebbe precipitare la crisi economica. Sarebbe solo un alibi per coprire la mancanza di strategia di un esecutivo che si è vantato a lungo di avere visione e idee chiare. L’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra Conte e le categorie colpite dalle nuove restrizioni arriva opportunamente. Ma c’è da chiedersi perché non ci sia stato prima. Vale per le parti sociali, come per le opposizioni parlamentari.
A questo punto, l’unico dovere è di far dimenticare quanto prima la presuntuosa pretesa di autosufficienza degli ultimi mesi. Si ha il diritto di pretendere decisioni serie, rapide e più condivise. E un bagno di umiltà che non nasconda solo il calcolo furbesco di sopravvivere invece di salvare il Paese.
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