Manovra, lavoro femminile: ecco gli aiuti. Sulle assunzioni delle donne non si versano contributi

di Giusy Franzese

Raddoppiano le agevolazioni per chi deciderà di assumere una donna disoccupata nel biennio 2021-2022: lo sgravio contributivo arriva al cento per cento. Per un massimo di seimila euro l’anno. La norma, in base alle ultime bozze circolate, è contenuta nella manovra di bilancio. E fa il paio con gli sgravi per le assunzioni degli under 35 (sia uomini che donne). Sono proprio queste infatti le categorie storicamente più fragili del mondo del lavoro. Quelle che alle prime difficoltà vengono “scaricate”. E questa crisi non sta facendo eccezione. I giovani e le donne si confermano le principali “vittime” del mercato dell’occupazione. La componente femminile ancora di più. Secondo i dati Ocse relativi a ottobre In Italia la disoccupazione femminile è salita al 10,8% dal 10,6%, mentre quella maschile è diminuita all’8,7% dal 9%. Nel secondo trimestre di questo terribile anno – è l’osservatorio Inps/ministero del Lavoro a rilevarlo – a fronte di un calo degli occupati generalizzato le donne sono quelle che hanno pagato il prezzo più alto con 470.000 posti di lavoro persi rispetto allo stesso periodo del 2019, un calo percentuale del 4,7% contro il -2,7% dell’occupazione maschile.

I DIVARI 

Anche a livello di retribuzione persiste un divario enorme tra donne e uomini: a fronte di una retribuzione media annua di 25.288 euro dei maschi, le lavoratrici si fermano a 17.466 euro (dati Inps relativi a tutto il 2019). Si tratta di quasi ottomila euro all’anno, una cifra enorme, il 31% in meno rispetto al 16% registrato nel resto dell’Europa. Incide la maggiore diffusione del lavoro part-time tra le donne, peccato che sempre più spesso non sia una scelta, ma un obbligo imposto dal datore di lavoro. Ridurre questi divari non è solo un imperativo etico, ma ha anche la sua valenza economica con impatti positivi sul Pil. Come ha recentemente ricordato la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, «secondo i calcoli di Bloomberg basati su dati Eurostat, se il tasso di occupazione femminile in Italia fosse uguale a quello maschile il Pil salirebbe di 88 miliardi di euro. Non solo. Secondo una ricerca dell’Organizzazione internazionale del lavoro del 2019, le aziende che puntano sulla parità di genere ottengono un più elevato livello di produttività». Anche gli economisti della Banca d’Italia si sono cimentati a stimare gli impatti positivi sul Pil nel caso di riduzione dei divari di genere: mezzo punto in più in caso di parità salariale; ben 7 punti se venisse dimezzato anche il gap nel tasso d’impiego. Puntare quindi su una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro fa guadagnare tutti.

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