Bonomi: “Il governo pensa solo all’emergenza. Non servono sussidi ma idee e investimenti”
Qual è la svolta che deve avvenire con il Recovery Fund?
“La ripresina 2015-17 è avvenuta grazie al traino dell’industria e della manifattura, e grazie agli investimenti privati che con Industria4.0 fecero uno scatto in avanti anche a doppia cifra, mentre gli investimenti pubblici continuavano a calare. Bisogna ripartire da lì. Serve un potenziamento permanente di tutte le forme di incentivo agli investimenti privati: Industria4.0, ricerca e sviluppo, legge Sabatini, Patent Box, incentivi al trasferimento tecnologico ricerca-imprese e al fintech per l’accesso delle PMI a capitale aggiuntivo di rischio e obbligazionario. Il futuro si costruisce con gli investimenti, non con i sussidi”.
Quali i progetti infrastrutturali sui quali puntare?
“Se vogliamo davvero sfruttare in pieno la maxi dote finanziaria a disposizione dell’Italia, serve innanzitutto una riforma drastica delle procedure della Pubblica amministrazione”.
A marzo scade il blocco dei licenziamenti: che fare?
“Nessun altro Paese avanzato ha adottato il blocco dei licenziamenti. Che in realtà è un blocco delle assunzioni, perché impedisce alle imprese di ristrutturarsi. Il governo ha accolto la nostra proposta che la proroga della CIG e del blocco fino a marzo non chieda alle imprese contribuzioni aggiuntive. Visto che le imprese pagano già oltre 3 miliardi l’anno per finanziare la CIG ordinaria. Servono al più presto nuovi ammortizzatori sociali basati sull’occupabilità, con formazione e ricollocazione. È anche per questo che nei contratti vogliamo potenziare l’assegno di ricollocazione”.
Il Decreto Dignità ha finito per penalizzare l’occupazione: eppure rimane là.
“Il governo Conte 2 ha dovuto accettare la realtà: i limiti posti dal governo Conte 1 ai contratti a tempo determinato hanno ottenuto l’effetto opposto a quello desiderato. E ha dovuto rivederli. Ora il blocco al ritorno di nuove causali è stato prorogato solo fino a marzo. Deve diventare strutturale”.
Come cambiare il Reddito di cittadinanza per renderlo un ponte possibile verso il lavoro?
“È molto semplice. La lotta alla povertà è una cosa. Ma dal reddito di cittadinanza bisogna levare le politiche attive del lavoro, che sono tutt’altra cosa. Abbiamo proposto sin da luglio un sistema basato sull’accreditamento di agenzie private del lavoro, che conoscono bene e dall’interno la domanda di lavoro delle imprese”.
La riforma fiscale: c’è il timore di una penalizzazione dei ceti medi e degli investimenti.
“Le anticipazioni parlano solo di interventi sull’IRPEF, per estendere i bonus ai lavoratori dipendenti. Ma il problema essenziale italiano è il cuneo fiscale da record che grava su noi imprese. Una riforma organica del fisco non può dunque occuparsi solo dell’IRPEF. Il governo non può, su una materia così delicata, fare scelte unilaterali”.
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