La stagione degli alibi è finita
«La leadership politica è prendere difficili decisioni anche prima che gli altri ne realizzino la necessità e portarle avanti con gli alleati, le opposizioni e il Paese stesso. È spesso questione di pragmatismo e compromessi», scriveva ieri il Financial Timesparlando di Boris Johnson lamentandone i ritardi. Lo stesso potrebbe dirsi per la nostra politica e il nostro governo. È testimonianza del fatto che non esiste una presunta eccezione italiana, eccezione usata per troppo tempo come un comodo alibi. È necessaria invece un’assunzione di responsabilità da parte del governo. E finito il tempo delle promesse e del «faremo». Il Next Generation Eu è un’occasione storica per il nostro Paese. Si chiama così proprio perché non è proprietà di questo esecutivo o di questa maggioranza, ma delle prossime generazioni.
L’Europa lo ha voluto ancorare al bilancio che porterà l’Unione al 2027. Come accaduto in Francia, Germania, Spagna, anche in Italia si indichi il ministro che dovrà occuparsi della sua attuazione. E invece in queste ore si stanno conducendo colloqui tra governo e partiti sulla «governance» del piano. Ma con quel termine si indica l’individuazione chiara, trasparente delle responsabilità. Cosa, evidentemente, che già attraverso l’uso di una parola inglese, non è tra le prime priorità.
Altro che task force. La responsabilità deve essere politica. Perché dietro le incandescenti discussioni su nuovi possibili organismi da dedicare all’attuazione dei piani operativi si nasconde il vero ostacolo italiano: non riuscire a trasformare in atti concreti le decisioni. Capiamo che far funzionare la pubblica amministrazione sia poco «vendibile» agli elettori. Ma è quello di cui avrebbero bisogno cittadini, famiglie e imprese.
«Governare implica l’assunzione di una soluzione. Non la mera presa in carico di un problema», scrive Giuseppe Maria Berruti nel suo recente «La Costituzione del cambiamento». Grazie al buon lavoro dei parlamentari europei si è ottenuto l’aumento dei prefinanziamenti da parte dell’Europa di circa il 30%. Altri 6 o 7 miliardi a disposizione da subito, che ci dicono ancora una volta quanto Bruxelles sia fortemente impegnato nel contrastare questa crisi sanitaria ed economica.
Le risorse quindi ci sono. Meno le priorità; ancora oggi individuate in una sventagliata di parole chiave come digitalizzazione, infrastrutture e via dicendo. Si scambiano così priorità costanti (le stesse oggi come 20 anni fa), dalle cose da fare subito e che solo la politica, governo e opposizione, possono fare. E cioè: far funzionare lo Stato, altrimenti nessun progetto potrà mai avere gambe per camminare; riattivare il mercato senza il quale non c’è crescita, unico rimedio all’emergenza economica.
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