Variante Covid, il virus preferisce gli under 60: l’identikit del “paziente inglese”

In questa specifica area, nel periodo in cui si è osservato il boom di casi (5 ottobre-13 dicembre), «oltre il 50% degli isolati è stato identificato come variante». L’analisi retrospettiva «ha rintracciato la prima variante identificata nel Kent, il 20 settembre 2020, seguita da un rapido aumento più tardi nel mese di novembre. La maggior parte dei casi si sono verificati in persone di età inferiore a 60 anni». La nuova variante è stata identificata anche fuori dai confini britannici, in diversi Paesi tra cui Australia, Danimarca, Italia, Islanda e Paesi Bassi.

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«Variante è più trasmissibile dei precedenti virus»

Rapporti preliminari del Regno Unito, prosegue l’Oms, indicano che questa variante «è più trasmissibile dei precedenti virus circolanti, con un aumento stimato della trasmissibilità compreso tra il 40% e il 70% (aggiungendo 0,4 al numero di riproduzione di base R0, portandolo a un intervallo da 1,5 a 1,7)». Cosa fare ora? «Tutti i Paesi devono valutare il proprio livello di trasmissione locale e applicare adeguate attività di prevenzione e controllo, compreso l’adattamento delle misure di salute pubblica e sociali secondo guida Oms», informa l’agenzia Onu per la salute.

«È importante ricordare alle comunità e agli operatori sanitari i principi di base per ridurre il rischio generale di trasmissione di infezioni respiratorie acute», elenca l’Oms che invita a migliorare le pratiche standard di prevenzione e controllo delle infezioni negli ospedali, in particolare nei reparti di emergenza. E ricorda l’importanza dell’uso della mascherina, del distanziamento sociale e del lavaggio mani. L’Oms si sofferma in particolare sul nodo viaggiatori in generale, inclusi quelli da e verso il Regno Unito. Vengono raccomandate misure anti-contagio particolarmente rigorose, e viene ribadita «l’importanza che in caso di sintomi indicativi di una malattia respiratoria acuta durante o dopo il viaggio, si consulti un medico informandolo della propria storia di viaggio».

«Le autorità sanitarie dovrebbero collaborare con i settori dei viaggi, dei trasporti e del turismo per fornire ai viaggiatori informazioni per ridurre il rischio generale di infezioni respiratorie acute, ai punti di ingresso di stazioni, aeroporti e così via, tramite cliniche di medicina dei viaggi, agenzie di viaggio, operatori dei trasporti», indica l’Oms ricordando che, «in linea con la raccomandazione fornita dal Comitato di emergenza su Covid-19 nella sua riunione più recente, gli Stati devono riesaminare regolarmente le misure applicate ai viaggi internazionali e motivare all’Oms quelle che interferiscono in modo significativo col traffico internazionale garantendo che siano basate sul rischio e sulle evidenze raccolte, e che siano proporzionate e limitate nel tempo». C’è anche una guida provvisoria pubblicata di recente dall’Oms su questo.

IL MESSAGGERO

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