Dall’inciucio di palazzo alle elezioni: cosa succede se Renzi stacca la spina

Luca Sablone

Nelle prossime ore si deciderà il futuro del governo. L’esperienza giallorossa è giunta realmente al capolinea o la legislatura andrà avanti fino a scadenza naturale? Una domanda che si stanno ponendo gli stessi protagonisti dell’esecutivo, praticamente inermi di fronte allo stallo politico che si è creato dopo le pretese avanzate da Matteo Renzi: via la task force e ottenere il via libera al Mes, alle modifiche sui progetti del Recovery Fund e all’affidamento della delega sui servizi segreti a una persona che non sia lo stesso premier.

Una serie di richieste che ha mandato in tilt Giuseppe Conte, alle prese con la crescente insoddisfazione degli italiani nei suoi confronti e con la onnipresente ombra di una crisi nei prossimi giorni.

Sarà dunque un gennaio piuttosto movimento per il presidente del Consiglio, chiamato a non sprecare le occasioni dei fondi europei e a non fallire in alcun modo la campagna di vaccinazione. A questo si aggiunge anche l’onere di risolvere un intrigo di cui lui stesso si è reso colpevole, rintanandosi a Palazzo Chigi e distaccandosi da quella che è la situazione reale in cui versa il nostro Paese. L’avvocato si è detto disponibile ad accogliere le istanze delle forze di maggioranza. L’occasione utile sarà il primo Consiglio dei ministri che dovrebbe essere convocato entro il 7 gennaio.

Il rimpasto

L’allarme potrebbe rientrare solamente se verranno accolti i rilievi dei partiti che lo sostengono. Tra le ipotesi sul tavolo resta sempre quella del rimpasto, che porterebbe al rafforzamento dello scacchiere dei ministri (ecco chi potrebbe entrare e chi rischia di uscire) e magari prevedere – come nell’esecutivo gialloverde – la presenza di due vicepremier da affiancare a Conte.

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