La scomparsa del Caso
di Massimo Gramellini
Ai tanti effetti della clausura prolungata che ha divelto le nostre abitudini mi permetto di aggiungerne uno di cui non si parla mai abbastanza: la scomparsa del Caso, dell’Inaspettato.
Nella vita di prima succedevano cose impensabili che oggi sono impossibili, mentre allora erano solo imprevedibili. Andavi a una cena e incontravi l’amore della vita oppure un cretino – statisticamente più il secondo che il primo – ma in entrambi i casi avevi aggiunto un nome in
agenda e una riga al libro delle tue esperienze. Adesso puoi uscire di
casa soltanto per vedere congiunti e amici in modica quantità. La sorpresa non è contemplata, anzi è temuta:
se nel salotto della persona da cui sei in visita entra qualcuno che
non conosci, il tuo primo pensiero non è «sarà simpatico?», ma «avrà
fatto il tampone?».
È come se dal film della nostra esistenza fossero state tagliate di colpo oltre la metà delle scene.
E infatti se una volta, sugli schermi e nei libri, ci nutrivamo di
storie per sognare le vite che non avremmo mai potuto avere, adesso
andiamo a cercarvi quella che avevamo prima che ci venisse tolta: gli abbracci, le facce scoperte, i bar affollati, persino gli ingorghi e gli stadi pieni di tifosi arrabbiati, perché anche il caos fa parte dell’esperienza umana ed espellerlo per decreto non può essere considerata una soluzione soddisfacente.
Siamo arrivati al punto che l’altra sera il primo ministro britannico Boris Johnson, riposti per sempre in un cassetto i proclami vitalisti del suo recente passato, è andato in tv a informare i suoi connazionali che d’ora in poi, e chissà fino a quando, si potrà uscire di casa solo per «fare la spesa essenziale, comprare le medicine e fuggire dagli abusi domestici». Avrebbe fatto prima a dire: «Solo per questione di vita o di morte».
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