Ecco il nuovo piano contro le pandemie. “Nell’emergenza cure solo a chi può salvarsi”

di ALESSANDRO FARRUGGIA

Il ministro della Salute Roberto Speranza (Ansa)

Il ministro della Salute Roberto Speranza (Ansa)

Se i servizi sanitari fossero travolti dalla pandemia e non ci fossero posti letto di terapia intensiva per tutti potrebbero essere privilegiati i pazienti con più probabilità di sopravvivere. I più giovani, quelli con meno patologie croniche. A sostenerlo è una bozza del piano pandemico 2021-2023. “In caso di pandemia, quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità – si osserva – i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori possibilità di trarne benefici. Lo squilibrio tra necessità e risorse disponibili può rendere necessario adottare criteri per il triage nell’accesso alle terapie. Non è consentito agire violando gli standard dell’etica e della deontologia, ma può essere necessario, per esempio, privilegiare il principio di beneficialità”.

La bozza, elaborata dal dipartimento Prevenzione del ministero della Salute, sarà sottoposta alle Regioni e indica una serie di misure per fronteggiare future, possibili pandemie. Ma è il riferimento all’aspetto etico che ha subito accesso la discussione. Dal ministro della Sanità hanno sottolineato che il documento è ancora in divenire. “Il piano pandemico influenzale 2021-2023 che sta circolando – osservano – è solo una bozza informale, condivisa con i soggetti interessati e destinata a raccogliere indicazioni e modifiche”.

In questo senso peraltro andava anche un documento (“Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione in condizioni eccezionali”) elaborato lo scorso 29 febbraio dalla Siaarti (Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia Intensiva), che affermava: “Come estensione del principio di proporzionalità delle cure l’allocazione in un contesto di grave carenza delle risorse sanitarie deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la ‘maggior speranza di vita’”.

In direzione di un triage a danno dei pazienti con meno probabilità di sopravvivere si erano mossi nei mesi scorsi Paesi come la Gran Bretagna e la Svezia. Una direttiva del 17 marzo rivolta agli ospedali dell’area di Stoccolma ha stabilito che “i pazienti di età superiore a 80 anni o con un indice di massa corporea superiore a 40 non avrebbero dovuto essere ammessi in terapia intensiva, perché avevano meno probabilità di riprendersi”. Da notare che la maggior parte delle residenze sanitarie assistenziali svedesi non erano attrezzate per somministrare ossigeno, così che a molti ospiti è stata somministrata solo morfina per alleviare le loro sofferenze.

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