Maggioranza più larga o le urne: Conte sente i leader e va da Mattarella
O Giuseppe Conte, o le elezioni
anticipate. Rimpicciolita dal fragoroso addio di Matteo Renzi e
compagni, la maggioranza giallorossa vede solo due strade. La prima,
della quale il premier ha parlato nella serata di ieri con il capo dello
Stato Sergio Mattarella, passa per un allargamento e rafforzamento
dell’alleanza. E la seconda, il voto in tarda primavera, sarebbe la
naturale conseguenza del fallimento del piano A. Perché né il Pd, né i 5
Stelle, si dicono disposti a sostenere esecutivi tecnici, di scopo o di
unità nazionale e tantomeno un governo politico con Renzi e senza
Conte. A tracciare la rotta è Goffredo Bettini. Il pontiere del Pd, che
in queste burrascose settimane ha tenuto i rapporti tra il Nazareno,
Palazzo Chigi e il quartier generale dell’ex premier e leader di Italia
viva, ammette che con i 156 rocambolescamente agguantati da Conte
martedì al Senato «non si arriva a fine legislatura».
Quindi l’imperativo urgente è allargare la maggioranza, il che consentirebbe al presidente del Consiglio di siglare con i leader dei partiti un nuovo patto di legislatura. E se la missione fallisce? «Non abbiamo paura del voto», assicura Bettini rispondendo a Maria Latella, su Sky. La stiracchiata fiducia di martedì a Palazzo Madama sulle comunicazioni di Conte fotografa la debolezza del governo: 156 voti, 157 se si conta anche il senatore del M5S Franco Castiello, assente per Covid ma che avrebbe votato sì. Per un voto che si aggiunge, un altro rischia di venire meno ed è quello di Mariarosaria Rossi. La senatrice azzurra avrebbe appoggiato Conte per fare un dispetto a Berlusconi e non è affatto detto che non torni subito nei ranghi di Forza Italia.
Pages: 1 2