Navigator per il reddito di cittadinanza: un fallimento da 180 milioni

di Milena Gabanelli e Rita Querzé

All’Auditorium di Roma la cerimonia era stata organizzata in pompa magna: 2.978 navigator erano appena stati assunti dall’Anpal dopo aver superato un concorso organizzato in fretta e furia dal governo Lega-5 Stelle, a cui avevano partecipato in 19.600. Era il 31 luglio 2019 e l’evento era il frutto di un incontro, quello fra Luigi Di Maio, allora Ministro per lo Sviluppo, e Domenico Parisi, professore di Demografia e Statistica all’università del Mississippi. «Un incontro voluto da Dio» dichiarava Parisi, da poco nominato presidente dell’Anpal. I navigator dovevano trovare lavoro a chi incassa il reddito di cittadinanza.

Adesso invece sono loro a perdere il posto: i contratti scadono il prossimo 30 aprile. Chi li aiuterà a ricollocarsi?

Il problema viene rimandato

Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha promesso il prolungamento dell’ingaggio per altri otto mesi, fino a fine anno. Un modo come un altro per rimandare il problema. La domanda è: i navigator (copyright Luigi Di Maio a Porta a porta il 5 dicembre 2018) servono al Paese e ai contribuenti che pagano il loro stipendio? Tre miliardi del Recovery Fund stanno per essere investiti a supporto di disoccupati a caccia di lavoro: quindi sì, le competenze dei navigator potrebbero servire. In pratica l’affiancamento che oggi forniscono a 1,3 milioni di persone (i percettori di reddito di cittadinanza) dovrà essere allargato a chi incassa l’assegno di disoccupazione (Naspi e Discoll), che sono altri 1,4 milioni. Ma anche a chi è in cassa integrazione straordinaria, oltre ad alcune fasce di disoccupati di lungo periodo. Con la fine del blocco dei licenziamenti e la riforma delle politiche attive del lavoro, la platea potenziale di coloro che avranno bisogno di essere accompagnati nella ricerca di un’occupazione potrebbe arrivare attorno ai 3 milioni.

Il lavoro svolto fin qui

Agli inizi di ottobre 2020, su 1.369.779 percettori di reddito di cittadinanza tenuti a firmare il patto per il lavoro, 352.068, pari al 25,7%, aveva trovato un posto. Ma a fine ottobre, dopo un mese, si erano già ridotti a 192.851, perché l’85% aveva firmato contratti a scadenza, molti inferiori a 6 mesi. Colpa anche della pandemia che ha complicato moltissimo la situazione sul mercato del lavoro, dove in media su tre nuovi contratti di lavoro due sono a termine.

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