Navigator per il reddito di cittadinanza: un fallimento da 180 milioni

Ma per chi ha trovato un lavoro, quale è stato concretamente il contributo dei navigator? Impossibile valutare la loro attività, visto che il sistema di politiche attive del lavoro legato al reddito di cittadinanza, a due anni dall’entrata in vigore, non è ancora operativo. La situazione era largamente prevedibile (e infatti l’avevamo prevista).

Cosa non ha funzionato

I nodi mai sciolti sono diversi. Il primo: invece di essere assunti dalle Regioni, che gestiscono il servizio, per accelerare i tempi i navigator sono stati ingaggiati con contratto di collaborazione da Anpal Servizi, società dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, controllata dal ministero del Lavoro. Le Regioni quindi hanno subìto il loro arrivo nei centri per l’impiego e la collaborazione spesso non ha funzionato. Secondo problema: come dice il nome, i navigator avrebbero dovuto navigare negli oceani del web a caccia di opportunità di lavoro attraverso uno specifico software che il presidente dell’Anpal, Mimmo Parisi, aveva già utilizzato nello Stato del Mississipi. Invece questo non è mai accaduto. Ad oggi non esiste nemmeno una banca dati nazionale, e quindi i navigator aiutano i disoccupati cercando le opportunità di lavoro nelle banche dati regionali, ma non tutte le Regioni le hanno, oppure, quindi se dotati di buona volontà, consultano i motori di ricerca privati.

Alla fine lo scorso maggio le ministre del Lavoro e dell’Innovazione tecnologica hanno condiviso un protocollo che concede due anni di tempo per lo sviluppo di una banca dati integrata. Terzo ostacolo. La normativa del reddito di cittadinanza prevedeva diversi decreti attuativi: sette non sono mai arrivati. Il navigator, per esempio, avrebbe dovuto far decadere dal reddito di cittadinanza chi non accetta un’offerta di lavoro congrua. Ma visto che non è mai stato definito cosa è un’offerta congrua, chi rifiuta un posto non perde l’assegno. Inoltre il reddito doveva permettere la trasformazione dell’assegno in un incentivo cumulativo per mettersi in proprio, ma senza il decreto attuativo i navigator non hanno potuto fare nulla. Anche gli incentivi per le imprese che assumono i percettori di reddito non sono mai stati definiti. Di fatto il navigator non può offrire consulenza a chi vuol mettere in piedi una attività propria, e tantomeno fare decadere dal beneficio chi rifiuta eventuali offerte.

Tirando le somme

Sono stati ingaggiati a fine luglio 2019, con un contratto di collaborazione di 20 mesi per 27 mila euro lordi l’anno (1.400 euro al mese più 300 di rimborso spese), ed entrati in servizio a settembre. Poi hanno seguito corsi di formazione in presenza e a distanza. A dicembre sono finalmente diventati operativi, ma a marzo hanno cominciato a lavorare da casa causa pandemia. Di recente è stato affidato loro un nuovo compito: implementare la piattaforma Moo, che sta per Mappa delle opportunità occupazionali. In pratica gli viene dato un elenco di imprese, e loro devono verificare presso le Camere di commercio e l’Agenzia delle Entrate se queste aziende sono ancora in vita. In caso positivo devono contattarle per avere il consenso all’inserimento nella banca dati. Non è chiaro quale sia l’utilità pratica di questa attività, che peraltro si sovrappone in parte con un’attività che sta già facendo Unioncamere.

Il conflitto Anpal-Regioni

E quindi che si fa di questi 2.700 laureati (nel frattempo circa 300 si sono dimessi), che fra formazione e stipendi sono costati fino a oggi 180 milioni? Finché non si risolve il rapporto fra Anpal (di cui sono dipendenti), e le Regioni (per cui lavorano), difficilmente troveranno una collocazione. Tant’è che nei bandi che stanno facendo le Regioni per assumere personale da mettere nei centri per l’impiego, non viene riconosciuto un punteggio in più a chi ha già lavorato come navigator.

Oggi l’Anpal è un’agenzia dove la maggioranza in cda è espressione del ministero del Lavoro, le Regioni non hanno praticamente voce in capitolo, e quindi la vivono come un intruso. Se Regioni e ministero fossero almeno alla pari, l’Agenzia potrebbe essere un luogo dove concordare le politiche tra centro e periferia, e le sue decisioni non sarebbero subìte dai territori. Di conseguenza sarebbe anche più facile la collocazione dei navigator.

Se si decide di prorogare i loro contratti, vanno anche messi in grado di lavorare Vuol dire attuare subito le clausole che condizionano l’assegno all’accettazione delle proposte di lavoro. Vale anche per l’assegno di disoccupazione (la Naspi), che dovrebbe ridursi per chi non accetta un’offerta di lavoro, ma la norma non è applicata.

Chi resta con il cerino in mano

In generale, la mano destra (l’Inps che eroga i sussidi) non sa cosa sta facendo la sinistra (l’Anpal che deve aiutare a trovare lavoro), mentre il governo delle politiche attive e passive può funzionare solo se c’è uno stretto coordinamento. Cosa dovranno fare i 11.600 addetti che entreranno tramite concorso nei centri per l’impiego delle Regioni? Fermarsi a certificare lo stato di disoccupazione come fanno oggi? A cosa serviranno i 3 miliardi del Recovery plan per le politiche attive, dove il governo parla di un sistema Gol (Garanzia di occupabilità per i lavoratori)?

Non è chiaro, se si tratta di una procedura burocratica di «presa in carico», o di un supporto pratico nella ricerca di un lavoro. Ciò che è chiaro è che dentro a un sistema inefficiente puoi infilare tutte le assunzioni e risorse che vuoi, ma non produrrà mai risultati. La sceneggiata dei navigator è solo l’ultimo esempio: tanto fumo, qualche settimana di consenso, e alla fine con il cerino in mano sono rimasti loro, i navigator. dataroom@rcs.it

CORRIERE.IT

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