Dimissioni Conte, tempi, numeri e ministri sgraditi: ecco perché il premier può finire «bruciato»
La differenza è enorme, lascia intuire che Iv potrebbe accettare il reincarico al premier uscente, ma poi lo incalzerebbe sui nodi programmatici e di conseguenza sui nomi del nuovo gabinetto. Due su tutti: sulla giustizia si perpetuerebbe una linea giustizialista? E sui temi economici ci sarebbe una svolta rispetto all’impronta statalista? Mirando al Guardasigilli Bonafede e al titolare di via XX Settembre Gualtieri, Renzi sa di incrociare le obiezioni di una parte del Pd. E per Conte sarebbe il cortocircuito.
Ecco il motivo per cui si inseguono le voci su altri possibili candidati, figli della stessa maggioranza. C’è Di Maio che, visto il clima, ha lanciato smentite preventive per sfuggire al tritacarne. C’è l’opzione Fico, avanzata già due anni fa da Zingaretti, che consegnerebbe la presidenza della Camera a Franceschini in vista della corsa al Colle. E c’è lo stesso ministro della Cultura, che da tempo medita di lasciare il ruolo di capodelegazione del Pd al governo. È il solito meccanismo di nomination, dietro cui si celano regolamenti di conti. Al punto che tra le soluzioni viene indicato addirittura un cambio della guardia sulla via Roma—Bruxelles tra Conte e Gentiloni. In realtà sulla scacchiera della crisi ancora non è stata fatta neppure la mossa di apertura.
E proprio perché la mossa oggi spetta ai giallorossi,il centrodestra può salire compatto al Quirinale, nonostante le divergenze interne e certi sospetti che hanno spinto l’altro giorno Salvini a trattare ruvidamente Berlusconi: lanciandolo verso la presidenza della Repubblica, il leader della Lega sapeva di esporlo al tiro al bersaglio. Per ora l’opposizione può attendere, sebbene metta in preventivo il fallimento di Conte. «Un conto era se il premier si fosse dimesso subito dopo aver preso la fiducia», spiega il centrista Lupi: «Un altro è aver provato a cercare voti in Parlamento. Così si è indebolito. E di solito i governi deboli sono destinati a morire nella culla». In tal caso, anche per il centrodestra verrà l’ora delle decisioni.
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