Bettini: «O governo Conte o elezioni a giugno. Renzi? Dica che vuole fare, serve un’intesa di ferro»
E ora? Solo un contratto o un’alleanza per il dopo? Che senso ha il proporzionale?
«Nella
composita politica italiana il maggioritario porta a contrarre alleanze
“damigiana”, che alla fine scoppiano, perché costrette in un involucro
unico. Il proporzionale, invece, permette ad ognuno al momento del voto
di essere più libero, sé stesso, radicato e rappresentativo del suo
elettorato. Dopo, è ovvio, si impone un compromesso alto, trasparente,
vincolante tra le varie forze politiche che intendono governare
insieme».
Ma il Pd
è davvero compatto? L’ipotesi del voto è scomparsa anche per la rigida
opposizione della componente parlamentare e governativa.
«L’ipotesi
del voto è una sciagura. Se incombe, non è per nostra responsabilità.
Evitare che si realizzi significa ricomporre in meglio ciò che si è
rotto. Non ci sono alternative. Governi istituzionali di tutti e di
nessuno sono impraticabili e dannosi. Nella crisi il Pd ha deciso ogni
passo nei suoi organismi dirigenti. Le relazioni di Zingaretti sono
state approvate all’unanimità».
Perché no a un governo istituzionale a ampia maggioranza? Pandemia e crisi chiedono di unire le forze.
«Unire
le forze, ma quali? Quelle europeiste e quelle sovraniste? Quelle
razionali e fiduciose nella scienza e quelle negazioniste? Le solidali e
le xenofobe? Le sostenitrici della progressività del fisco e quelle
della flat tax? Potrei continuare. Sulla pandemia e il Recovery si può
collaborare stando anche all’opposizione. Lo si faccia di più. Ma il
Paese ha necessità di un governo unito veramente, raccolto attorno a una
visione chiara e comune. In queste ore stiamo lavorando per questo».
E Forza Italia? Berlusconi è ancora il male assoluto?
«Mai
considerato il male assoluto. Semmai, un avversario tenace e temibile.
In realtà, essendo un popolare europeo, si dovrebbe trovare a disagio
con Salvini e Meloni. Forza Italia appare compatta più di quanto sia in realtà.
L’anima liberale soffre. Non aggiungo altro. Perché Tajani mi ha
intimato di non parlare, essendo io stato in gioventù il segretario del
Pci di Roma. Quello di Bufalini, Ingrao, Petroselli, Marisa Rodano.
Tutti antifascisti, colti e democratici. Lui da ragazzo — pensi un po’! —
era monarchico».
L’operazione responsabili è riuscita a
metà. I 5 Stelle dicono che non vi siete dati da fare al Senato con i
renziani, a partire dal vostro capogruppo Andrea Marcucci.
«Ognuno
ha agito secondo il proprio stile e la propria coscienza. Il Pd nel suo
complesso ha lanciato un appello politico trasparente a tutti i
parlamentari europeisti. Non ha dato la caccia ad alcuno o premuto
indebitamente sui singoli. La dignità della politica per la sinistra è
sacra. Se vi rinuncia, davvero sprofonda l’intero regime democratico».
Che cosa succede se alla fine Renzi dice no a Conte?
«Sono
fiducioso che non accadrà. Ma se, al contrario, dovesse accadere, o a
quel punto si paleseranno ulteriori parlamentari disponibili a andare
avanti o penso si arriverà a un governo elettorale che ci porti al voto a
giugno. Impegnandoci noi nel frattempo a ridurre drasticamente la
pandemia, a vaccinare gran parte della popolazione, a mandare avanti il
Recovery, ad approvare le riforme necessarie per fronteggiare la
disoccupazione, a garantire i ristori alle categorie più colpite.
Tentando, anche, di trovare un’intesa su una buona legge elettorale. Il
voto, ripeto, è una sciagura ma non un colpo di Stato. Semmai, è
l’ultima risorsa della democrazia».
Un giudizio su Renzi e i suoi rapporti con l’Arabia Saudita.
«Ora cerchiamo ciò che può unire e non ciò che ci trova abissalmente lontani. Ho visto un giudizio positivo di Renzi sulle consultazioni di Fico. La disponibilità a impegnarsi su un programma vincolante, e questo fa ben sperare».
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