Federico Caffè, il maestro di Draghi
In questo senso, a tutti coloro che hanno degli interessi che attualmente non sono tutelati (i precari, i disoccupati, coloro che non riescono ad accedere alle cure e all’istruzione pubbliche ecc.) non resta che sperare che nell’eventuale nuovo esecutivo Draghi siano proprio le idee, e particolarmente quelle del suo maestro, ad avere la meglio sugli interessi dei pochi che continuano ad arricchirsi nonostante la pandemia e la crisi. Risuona infatti oggi così urgente il monito di Caffè: “Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili”.
L’ultimo governo tecnico che l’Italia ha conosciuto è servito alle forze politiche che sostenevano Monti a inserire il pareggio di bilancio in Costituzione; votato da Pd, Forza Italia, Lega Nord, Italia dei Valori, Unione di Centro pressoché all’unanimità, così dimostrando che i governi “tecnici” sono pieni di politica.
Possiamo solo sperare, insomma, che quello che dovesse venire serva, al contrario, a fare ciò che Caffè auspicava: insistere sulla piena occupazione e la lotta alle “sofferenze umane non contabilizzate su cui poggia il capitalismo maturo”. Infondo, egli stesso metteva sempre in guardia dal conformismo: del pensiero, dell’informazione ma anche e soprattutto dal conformismo economico, a quella ricetta, quella neoliberista, che gli sembrava negare il benessere (diffuso, non di pochi) di cui la società potrebbe godere e a cui dovrebbe tendere anche l’azione dei suoi colleghi.
Federico Caffè non credeva nei tecnici e per questo dobbiamo sperare che, a differenza di tanti commentatori e politici, non vi creda neanche Mario Draghi.
L’HUFFPOST
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