Mef, 15 giorni per cambiare il Recovery: in bilico i 5 miliardi destinati al cashback
Per il momento Draghi (e Franco) hanno evitato che l’accerchiamento si facesse troppo soffocante respingendo la richiesta (senza precedenti) di nominare ben 5 sottosegretari al Mef. Alla fine, come si è visto, i posti a disposizione son rimasti 4, con Italia Viva e Forza Italia rimaste fuori. Sono state confermate Laura Castelli dei 5 Stelle, l’unica ora coi gradi di viceministro, e Maria Cecilia Guerra di Leu; in quota Pd Alessandra Sartore è subentrata ad Antonio Misiani, mentre per la Lega è arrivato Claudio Durigon, che per ora sceglie un approccio soft. «Franco un osso duro? L’ho conosciuto quando ero sottosegretario al Lavoro e lui era alla Ragioneria – spiega – è una persona con cui si lavora bene». Oggi è in programma il giuramento e quindi i quattro potranno prendere servizio, ancora tutte da vedere le deleghe ed i loro margini di manovra.
Nuovi obiettivi strategichi
A partire dal lavoro già svolto dal precedente governo il compito principale che Draghi ha affidato alla squadra di Franco è quello di rafforzare la dimensione strategica del programma puntando in particolare sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, la lotta all’inquinamento, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione di energia per i veicoli elettrici, produzione e distribuzione di idrogeno, digitalizzazione, banda larga e 5G.
Dei 209 miliardi che arriveranno dalla Ue si punta innanzitutto ad impegnare gli 82 miliardi di contributi a fondo perduto ma, almeno per momento, è confermando anche il pieno utilizzo dei 127 miliardi di prestiti da calibrare però con attenzione tenendo d’occhio il deficit. Ci si concentrerà quindi su pochi e ben selezionati progetti che offrono le maggiori garanzie di crescita cercando però di ottenere un impatto «sufficientemente elevato» anche sul fronte dell’occupazione. Questo da subito, «già da quest’anno» chiede Draghi.
Le spese nel mirino
In questa logica i tecnici del Mef stanno rivedendo l’intero Recovery plan e, ad esempio, molto difficilmente i 5 miliardi fondi destinati a finanziare il Cash back – misura tanto cara all’ex premier Conte – inseriti nei piani sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione verranno confermati. Molto probabile che vengano dirottati su progetti di maggior resa. Uno dei problemi segnalati da Bankitalia e dall’Ufficio parlamentare di bilancio riguarda infatti proprio l’impatto che il Recovery potrà avere sul Pil: il 3% in più di crescita in sei anni indicato dal vecchio progetto-Conte è infatti giudicato «troppo ottimistica». All’appello mancherebbe almeno mezzo punto di Pil e questo è il divario che ora si cerca di colmare puntando ovviamente a fare di più.
LA STAMPA
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