Il club privato dell’astronauta
FRANCESCA SCHIANCHI
È dunque deciso: sarà Giuseppe Conte a prendere per mano il Movimento Cinque stelle e provare a traghettarlo verso una nuova fase. In una tiepida mattina romana, ospiti di quell’Hotel Forum che negli anni abbiamo imparato a conoscere come informale quartier generale di Beppe Grillo nella capitale, i vertici del Movimento che non doveva avere leader né alleanze hanno individuato in lui, l’ex premier disarcionato poco più di un mese fa da Palazzo Chigi, l’uomo giusto per «elaborare un progetto rifondativo» del partito e aiutarlo ad avere «un ruolo determinante da qui al 2050». Una decisione nell’aria da giorni, condivisa da larga parte del mondo Cinque stelle.
La scelta forse più naturale se veramente in questo suo dodicesimo anno d’età il Movimento intende entrare nella stagione decisiva dell’adolescenza trasformandosi in una forza moderata e liberale, come ha dichiarato pochi giorni fa Luigi Di Maio in una intervista a Repubblica.
Un processo di maturazione inevitabile e necessario, considerato che la forza nata all’ombra del Vaffa si è fatta forza di governo – anzi, del terzo governo di fila – e conta tra i suoi rappresentanti ministri e sottosegretari, presidenti di commissione e sindaci, persino la terza carica dello Stato. Un’evoluzione faticosa – come dimostrano le convulsioni interne e l’abbandono di un numero non esiguo di parlamentari, oltre che del big più carismatico del Movimento vecchio stile, Alessandro Di Battista – e ancora difficile da completare. Come si è visto ieri, quando un appuntamento cruciale per la prima forza politica in Parlamento ha, ancora una volta, assunto i contorni della gag e dello sfottò. Con il fondatore Grillo che esce dall’albergo indossando un casco da astronauta e twitta in sfregio ai tanti giornalisti chiamati a seguire l’evento: «Tutte le cose che non verranno pubblicate sono vere».
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