“Stabilizzare la Libia”. La missione di Draghi tra migranti e sicurezza

Su queste basi di reciproco aiuto, Draghi e Dbeibah provano a ricostruire «quella che è stata un’antica amicizia e una vicinanza che non ha mai conosciuto pause» e lo dimostra come «l’ambasciata italiana è stata l’unica aperta durante tutto il conflitto». «Il momento è unico» esorta Draghi, per ricostruire, ma anche per «guardare al futuro», agli interscambi economici. Il prerequisito fondamentale però «è che il cessate il fuoco continui», e sia garantita «la sicurezza dei siti». Su questo Draghi dice di essere stato rassicurato. La preoccupazione del governo italiano è soprattutto rivolta agli impianti dell’Eni, dopo un anno in cui russi e turchi hanno tentato di spartirsi le risorse e l’egemonia sul terreno. A questo proposito era prevedibile che in un fuoriprogramma Draghi incontrasse all’aeroporto l’omologo greco Kyriakos Mitsotakis, anche lui a Tripoli per un colloquio con Dbeibah e anche lui impegnato a contenere l’espansionismo di Ankara sul Mediterraneo.

Si intravedono maggiori certezze, in questa tregua libica che fa sperare. Con alle spalle Joe Biden e il ritrovato multilateralismo di Washington, l’Italia può recuperare una sua centralità in Libia e Draghi spingere sugli impegni dell’Europa. In cambio si rimettono in moto gli accordi commerciali e culturali interrotti. L’aeroporto di Tripoli, i collegamenti aerei con Roma, l’interscambio culturale per permettere a tanti giovani libici di studiare in Italia. E ancora: l’Autostrada della pace, simbolo lasciato a metà dell’accordo firmato da Berlusconi e Gheddafi, un’intesa che, ricorda Dbeibah, prevedeva anche un massiccio contributo dell’Italia per sanare la carenza di elettricità nel Paese. I progetti di cui hanno parlato, ammette Draghi, sono tanti, «anche per il recupero dei crediti storici e recenti», 324 milioni di dollari certificati più altri cento che attendono oltre 50 imprese italiane danneggiate dalla guerra.

LA STAMPA

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