“Vi racconto il mio compagno Pietrostefani. Insieme in classe, non in politica”

Giorgio chiuse la parentesi, completò il triennio in tre sessioni, diventò l’ingegner Pietrostefani, amministratore delegato delle Officine Reggiane dell’Efim.

“Sai che quando nel luglio dell’88 vennero all’alba trenta carabinieri ad arrestarmi e mi parlarono di Calabresi pensai a un equivoco con la malavita calabrese?“.

Cominciò una storia giudiziaria unica in Italia: 15 sentenze in 12 anni. Pietrostefani scappò in Francia. Rientrò volontariamente qualche mese prima del nostro incontro e mi disse che se fosse uscito dal carcere per “qualche artifizio istituzionale, io continuerei a vivere per recuperare il mio onore”.

Per questo non chiederai la grazia? “Un innocente non chiede la grazia. Guarda, potrei farti un lungo elenco delle cose di cui mi pento. Cose molto brutte, cose cattive nei confronti degli altri. Ero un fanatico, ma sono innocente”.

Nel 2000 Pietrostefani scappò definitivamente in Francia, mai pensando che ventuno anni dopo il patto Draghi-Macron avrebbe fatto cadere la dottrina Mitterand. Oggi Giorgio ha 78 anni ed è malato seriamente. Non lo immagino in una cella, se e quando a ottant’ anni tornerà in Italia. La giustizia non è vendetta. Mi piacerebbe però incontrarlo di nuovo per chiedergli se nella sera della sua, della nostra vita, non crede che il nostro Paese ha diritto di sapere il tanto non detto sugli Anni di Piombo. Troppi brigatisti sono stati perdonati senza aprire davvero bocca. Se nessuno parlerà il capitolo di una nostra piccola, tremenda guerra civile non si chiuderà mai.

QN.NET

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