Salvini-Meloni, scontro a destra

E proprio questo Salvini le rinfaccia furioso: cioè l’inerzia, la poca generosità, lo stare cinicamente alla finestra come se in fondo non le interessi vincere le elezioni Comunali in ottobre e anzi – sotto sotto – preferisca perdere per scaricare le colpe della sconfitta su Salvini in modo da indebolirlo vieppiù. Questo, addirittura, sospettano i vertici della Lega.

E torniamo così al punto di partenza: incontrandosi, forse si chiarirebbero. Ma non possono perché c’è troppo veleno. Faccia a faccia Meloni chiederebbe conto del Copasir, il comitato di controllo sui nostri 007, di cui per ragioni misteriose la Lega ha mantenuto la presidenza nonostante spetti all’unica opposizione rimasta, i Fratelli d’Italia. Lei gli aveva perfino scritto una lettera aperta. Risposte zero. Anzi, pur di non mollare il Copasir Salvini ha cercato sponda nel presidente della Camera, Roberto Fico laddove Elisabetta Casellati, al Senato, sembrava dargli torto. E adesso c’è chi prevede ulteriori faide tra due alleati costretti a dichiararsi moglie e marito per via del sistema elettorale in parte maggioritario, ma condannati a combattersi fino all’ultimo voto proporzionale per scalare Palazzo Chigi. Il prossimo campo di battaglia sarà la Rai, dove i leghisti mettono nel mirino colui che fa e disfa, il potente consigliere d’amministrazione in quota Fd’I Giampaolo Rossi. Se venisse bocciato dalla Lega, quando il CdA verrà rinnovato, sarebbe l’ultimo sgarro nei confronti della Meloni, e guerra totale. Chi potrà vincerla, dipenderà dalla sfida più grande che vede protagonista il governo. In Via Bellerio hanno letto con sollievo sulla Stampa l’analisi di Alessandra Ghisleri che rileva un segno più nei consensi per Draghi come effetto della campagna vaccinale e dei fondi Ue in arrivo. Oggi Meloni condensa la schiuma della contrarietà alle larghe intese, ma tra breve il contesto generale potrebbe cambiare e a quel punto, chissà, Fd’I smetterà di lucrare spregiudicatamente sulla protesta, Salvini di andare nel panico. Già, perché l’accusa nei suoi confronti dell’ala governista è di farsi troppo condizionare dall’oggi, valorizzando poco i successi del governo. Col rischio che alle prossime elezioni il centrodestra si ritrovi potenzialmente vittorioso però lacerato in due fazioni rivali. Con Forza Italia strattonata da una parte e dall’altra, incapace di esercitare un ruolo di sintesi. Al punto che molti berlusconiani cominciano a guardarsi intorno.

Nel laboratorio politico siciliano già si progettano nuovi equilibri sul cosiddetto “modello Ursula”, con Forza Italia alleata in Regione di Cinque stelle e Pd. Gianfranco Micciché lavora espressamente a questo progetto con la benedizione, si sussurra, dell’anti-salviniano Gianni Letta. Nello stesso tempo Salvini allaccia rapporti con vecchi avversari forzisti come Renato Brunetta, prefigurando un fronte comune liberale contro le derive nostalgiche e stataliste rappresentate dalla Meloni. Sovrana regna la confusione. Per dirla con una battuta che Giancarlo Giorgetti regala agli amici: «Il popolo di centrodestra è maggioritario. Nonostante noi».

LA STAMPA

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