Draghi e Mattarella, due contro tutti
Che senso ha indossare la felpa di Open Arms il giorno prima del processo di Salvini o proporre un impianto legislativo sui diritti, mai approvato nemmeno quando la sinistra governava con alleati ben più docili? E che senso ha proporre dei referendum sulla giustizia, a partire dalla separazione delle carriere che neanche ai tempi di Berlusconi proprio ora che il Parlamento è chiamato a discutere una riforma? È legittimo, ma, con ogni evidenza, avvelena il clima anche sul resto, producendo un logoramento – consapevole o inconsapevole – di un governo che tutti hanno subito. Perché poi, diciamocela tutta, si tratta solo di bandiere che difficilmente saranno piantate. Già si capisce che, ad esempio, il ddl Zan che non piace neanche alle femministe del Pd sarà in parte impallinato nel voto segreto al Senato, e a quel punto tornerà alla Camera e dunque non sarà approvato, almeno in tempi brevi.
Le amministrative sono destinate ad acuire questo andazzo e, poiché ci saranno ad ottobre, la domanda viene spontanea: come si arriva così al semestre bianco e poi all’elezione del prossimo capo dello Stato con i contraccolpi del voto sulle città? Nel Palazzo, il Quirinale è già l’argomento principale di conversazione né le precisazioni insistenti dell’attuale inquilino circa la sua indisponibilità al suo secondo mandato hanno avuto l’effetto di considerare archiviata per sempre l’ipotesi. Anzi i più maliziosi proprio in questa insistenza a negare vedono una “preparazione” ad una eventualità che deve consumare tutti i suoi rituali dell’eccezionalità fino alla “grande chiamata” di fronte ad assenza di alternative. E inscrivono nel medesimo film iniziative di supporto al governo, come la convocazione dei presidenti delle due Camere, che alimentano una certa retorica dell’emergenza. Si potrebbero utilizzare fiumi di inchiostro sulla materia, ma sarebbe solo un esercizio di fantasia, sia pur affascinante: può, ed è opportuno, che un governo del presidente, perché nella sostanza di questo si tratta, cambiare presidente, senza contraccolpi, o in fondo c’è una missione comune da portare a termine? C’è però un punto politico però che quantomeno impone di ragionare sull’eventualità. Solo la ricomposizione di quello scollamento tra livello istituzionale e sistema politico avrebbe allargato la rosa di nomi, visto che nessuno ha i numeri per eleggerselo da solo. Altrimenti non stupisce che gli scenari di emergenza si possano nutrire di soluzioni eccezionali.
L’HUFFPOST
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