L’INSOSTENIBILE PREVALENZA DEL CAMPANILE
A parole son tutti d’accordo. Raro trovare chi abbia animo di dire che la risposta alla crisi è la difesa del campanile. In effetti il manipolo di imprese che cerca di fare sistema, nel nostro caso a livello macroregionale, cresce di giorno in giorno, ma certo non è sufficiente e, comunque, è sotto il potenziale. Fra il Mar Ligure e il Monte Bianco c’è un ecosistema sintonizzato sul futuro che fa perno sull’Istituto per la Tecnologia di Genova e il Politecnico di Torino, solo per dirne due. È una potenziale fabbrica e raccordo di sfide avveniristiche, in un territorio potenzialmente ben collegato, ricco di cervelli e di venture capital. E’ il domani a portata di mano. La realtà ci dice però che la tentazione dell’orticello è il più delle volte irresistibile. Il vicino col prodotto analogo è considerato un nemico più spesso che partner con cui massimizzare e consolidare importanti tradizioni. Il nanismo che ne deriva si rivela una zavorra micidiale. E se nei discorsi pubblici l’ambizione “glocal” si coniuga col fare massa per il bene comune, appare spesso il genio della lampada sbagliata che dice «sì, è vero, non siamo gente aperta, ma siamo determinati». In nome di un ego obsoleto, puntella il condominio. E, sul sogno del nuovo benessere corale, cala un sipario maledetto e insostenibile.
LA STAMPA
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