Funivia, liberi Nerini e Perocchio: Tadini agli arresti domiciliari. Il Gip smonta l’inchiesta della Procura
DAL NOSTRO INVIATO
VERBANIA — Agli arresti domiciliari Gabriele Tadini, scarcerati Luigi Nerini ed Enrico Perocchio: alle 23.15 di sabato sera arriva la decisione del gip sul fermo dei tre indagati per l’incidente della funivia del Mottarone.
Dopo meno di 96 ore, tutti e tre lasciano il carcere di Verbania e solo il capo servizio della funivia proseguirà la detenzione a casa.
Il gip Donatella Banci Bonamici non ritiene che ci siano sufficienti elementi perché restino in carcere i tre indagati per concorso in omicidio colposo plurimo e in lesioni colpose gravissime, falso in atto pubblico e rimozione dolosa di sistemi di sicurezza dell’inchiesta sul disastro del Mottarone con la decisone con cui non convalida il fermo deciso dalla Procura alle prime ore di mercoledì.
Sono proprio le dichiarazioni di Tadini (qui il verbale) «a non essere ritenute credibili con quelle di altri dipendenti che hanno detto che era nota la scelta di mettere i forchettoni», i blocchi che rendevano inefficaci i freni e non hanno evitato l’incidente, spiega il Procuratore di Verbania, Olimpia Bossi. Il magistrato aggiunge che, invece, sono stati creduti Nerini e Perocchio che «hanno scaricato tutta la responsabilità su Tadini».Il Pm avverte che «il procedimento è alle sue fasi iniziali» e che non sono state ancora accertate cause e responsabilità della rottura della fune traente che ha scatenato il disastro.
Soddisfatti i difensori. «Con la liberazione del mio assistito è stata fatta giustizia, ma non bisogna gioire perché sono ancora da trovare i responsabili», afferma il difensore di Nerini, l’avvocato Pasquale Pantano. «Professionalmente per me è una soddisfazione. Avevo chiesto soltanto i domiciliari perché la questione del blocco dei freni è sicuramente una colpa sua», afferma Marcello Perillo, avvocato di Tadini. Per il legale di Perocchio, Andrea Da Prato, «il giudice ha stabilito che il fermo era forzato».
L’udienza di convalida inizia in mattinata con gli indagati che rispondono alle domande. È un tutti contro tutti. Il titolare Luigi Nerini dice che lui con la sicurezza non c’entra, quindi l’incidente è colpa del direttore di esercizio e del capo del servizio; il direttore dell’esercizio Perocchio che dichiara che non sapeva dei forchettoni che aveva messo il capo servizio; il capo del servizio Tadini che ammette di averli messi lui, ma dice che era la società, quindi Nerini, a volerli per non interrompere il servizio, con la consapevolezza e l’avallo di Perocchio. Sono stati installati «il giorno dell’incidente e altre volte per i problemi con la centralina dei freni che – specifica l’avvocato Perillo – non sono assolutamente collegabili alla rottura della fune, la cui origine è sconosciuta. Se avesse immaginato un minimo pericolo, non avrebbe mai fatto salire i passeggeri».
Nessuna ammissione da Perocchio. «L’unico elemento a suo carico – dice l’avvocato Da Prato – è una breve, generica e superficiale affermazione di Tadini che dice che Perocchio era consapevole della presenza dei forchettoni. Non c’è traccia di questa comunicazione, di quando e come l’abbia fatta». Il gip gli ha creduto.
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