Mario Draghi e la ripresa: la tregua delle fazioni

Questa è la giunga nella quale deve aprirsi la strada Draghi nelle riforme legate ai 204 miliardi di euro del Recovery. Tra giugno e luglio lo aspettano fra l’altro la riforma dell’ordinamento giudiziario, le misure sul reclutamento degli statali, il disegno di legge sulla concorrenza (concessioni balneari incluse?) e la presentazione della legge delega sulla riforma fiscale. Quest’ultima dovrebbe basarsi sull’«indagine conoscitiva» delle commissioni Finanze di Camera e Senato e potrebbe indicare almeno qualche obiettivo di fondo per rendere il fisco meno ostile alle imprese oneste e meno iniquo verso il ceto medio dipendente.

Ce la farà Draghi a andare avanti, passata l’emergenza e la relativa tregua fra tribù corporative italiane? Forse sì, ce la può fare, perché c’è una novità. Molti gruppi d’interesse a questo punto sono così suonati, divisi all’interno, così indeboliti dal declino nazionale, che anche le loro minacce di veto ormai suonano come riti stanchi. Si avverte un particolarismo di cartapesta. Basta poco per metterlo buono e qualcuno nel governo se n’è accorto.

Questo non significa naturalmente che tutti i problemi siano risolti. Gli investitori, nazionali ed esteri, ci stanno dicendo il contrario. I titoli di Stato italiani a dieci anni pagano un premio al rischio basso ma superiore ai titoli greci (prima non era così), mentre il Tesoro fatica a organizzare emissioni a trent’anni perché non c’è molto appetito sul mercato. Le aste per l’installazione di progetti di energia rinnovabile in Italia raccolgono interesse neanche per un quarto dell’offerta, mentre in Spagna per tre volte l’offerta. Chi può investire sul Paese esita, perché non sa cosa verrà dopo il governo Draghi. Per ora il premier e i suoi si aprono una via. Resta da capire se resterà così stretta che la giungla del Paese è destinata a richiudersi subito dopo il loro passaggio, o tutti in Italia si decideranno ad aiutare i «tecnici» per creare uno spazio aperto. Uno spazio di luce che resta. È la grande domanda dei prossimi mesi.

CORRIERE.IT

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