Le mosse incrociate grillo-leghiste
MARCELLO SORGI
Dopo quella di Di Maio che rinnegava il giustizialismo – core business dei 5 stelle delle origini -, riscoprendosi garantista, è arrivata al Foglio una seconda lettera da Salvini, che invita il ministro degli Esteri a impegnarsi per i referendum sulla giustizia promossi da Lega e radicali. Una proposta che difficilmente sarà accolta, e Salvini ha probabilmente lanciato per sminuire il senso di quella dell’ex-capo politico pentastellato. Il leader leghista infatti non può non aver capito che la mossa di Di Maio è giocata sul versante moderato e riformista del governo. È un addio non esplicitamente dichiarato alla riforma Bonafede che ha cancellato la prescrizione, e anche un modo di aiutare la ministra Cartabia a trovare la quadra delle riforme del processo civile e penale che la Commissione europea attende con impazienza, e alle quali sarà parzialmente subordinata l’erogazione dei miliardi del Recovery.
Ora, sia chiaro, non è che i referendum per i quali è cominciata la raccolta delle firme siano in contrapposizione con le riforme. Tutt’altro: nella lunga storia di queste consultazioni popolari infatti è accaduto pure che siano servite a sollecitare partiti e Parlamento a realizzarle, prima che fosse il voto degli elettori a imporle. Ma certo non aiuta riproporre il tema assai divisivo della separazione delle carriere dei magistrati, e farlo in un momento in cui il prestigio della magistratura, agli occhi dell’opinione pubblica, è sceso così in basso dopo gli scandali che hanno investito il Csm. Tutte queste cose Salvini le sa benissimo. Se ha deciso di promuovere i referendum insieme con i radicali è perché vuol tenere il governo sulla corda.
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