Dario Scannapieco, un “ufficiale di collegamento” per il Recovery
Alberto Quadrio Curzio Economista, presidente emerito Accademia dei Lincei
Gli accadimenti europei ed italiani recenti danno un segno importante: i progressi nell’Ue e nel nostro Paese per reagire alla drammatica crisi da pandemia, ma anche per rilanciare uno sviluppo sostenibile, si stanno concretizzando. Per capirlo non bisogna guardare singoli episodi, ma allungare lo sguardo alla traiettoria, pur nella consapevolezza che la stessa non sarà priva di ostacoli. Il Piano europeo per la Ripresa ha avuto il via libera da tutti gli Stati Ue per entrare nella “fase due” con le garanzie che consentono di emettere dal primo giugno Eurobond. Adesso inizia la verifica dei Piani Nazionali che sono stati presentati da tutti gli Stati salvo quattro in ritardo. Il Piano italiano era arrivato puntuale sorprendendo i diffidenti. In Italia ci sono novità di rilevanza europea sia sistemiche per l’attuazione del Piano, sia settoriali per la nomina alla Cassa Depositi e Prestiti.
Il Piano Nazionale: “Italia domani”
Il passaggio alla “fase due” del Piano Europeo spiazza sia le valutazioni antagonizzanti di “sovranisti” italiani, sia quelle arroganti di Stati “frugalisti”. Due visioni opposte, ma entrambe dannose. Per i primi l’Ue non ci avrebbe sostenuto a meno di poter ledere la nostra sovranità con “controlli arbitrari”. Per i secondi l’Italia non era affidabile e quindi troppo rischiosa per ricevere grandi fondi europei. Per ora queste opposte, ma egualmente dannose, posizioni si sono sedate per varie ragioni.
La prima è che il Governo Draghi è nato come esecutivo italo-europeo non-partitico, rispondendo all’appello del Presidente Mattarella. È l’impronta repubblicana che orienta l’opera di Draghi e che solo alcuni gruppi di interesse non hanno ancora capito.
La seconda è che il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (sottotitolato significativamente “Italia Domani”) non solo è arrivato alla Commissione europea entro la scadenza del 30 aprile ma sembra sia uno dei meglio costruiti. È bene ricordare, anche se può apparire banale, che il Piano è corredato anche da undici “documenti aggiuntivi” e da molti altri “documenti di dettaglio” che entrano con precisione nelle entità di spesa, nei tempi e nelle procedure di esecuzione. Si dice che questa elaborazione abbia impressionato la Commissione. Si vedrà se ciò sarà confermato dalle verifiche dei due prossimi mesi e oltre, perché i controlli saranno continui ma non potranno essere “arbitrari”.
Una declinazione sistemica: legittimazione, competenza, efficienza
Infatti l’impostazione italiana in questo percorso che arriva al 2026 è di avere una rapporto “forte o alla pari, ma non di contrapposizione“ tra il nostro Governo e la Commissione per usare al meglio i circa 200 miliardi che riceveremo dalla Ue. Sembra che questa impostazione stia entrando anche nella consapevolezza di molti ceti politici al Centro e nelle Regioni che stanno “approvando” le modalità esecutive del Piano (governance, semplificazioni, poteri sostitutivi, ecc). Forse questo è dovuto alla presa d’atto che l’elaborazione “tecnica” del nostro Piano, sulla base delle decisioni politico-istituzionali, ha dimostrato una professionalità e una competenza che regge il confronto con la tecnocrazia europea, che è multinazionale e assai qualificata. È molto importante perché i fondi arriveranno sulla base dei risultati sugli stadi di avanzamento attuati in base al Piano.
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