Il tecnico e i silenzi del politico
Vorrei ribadirlo, come faccio da anni per articoli e libri: questa non è affatto una critica “apocalittica” al potere del Tecnico. Esattamente l’opposto: oggi esso rappresenta forse la nostra ancora di salvezza. Così, certo, hanno pensato i nostri due ultimi presidenti della Repubblica, pur così diversi tra loro, o se non l’hanno pensato, in questo senso hanno di fatto agito, dal momento che hanno nominato due “fuori-classe politica” a capo dell’esecutivo, totalmente digiuni fino a quel punto di ogni esperienza non dico di governo, ma parlamentare. Il Tecnico opera bene e con efficacia quando combina con economica razionalità i fattori dati; è questo il suo mestiere, non mutarne l’ordine, cioè la gerarchia. La risposta alla modestissima avance lettiana per qualche tassa(di successione) in più a chi può, non va interpretata come se Draghi fosse “di destra”(non lo è affatto), ma come la corretta risposta di uno che non è stato chiamato a modificare i rapporti economici e sociali tra ceti e classi, tantomeno a lanciare segnali in tal senso, ma a spendere nel modo più efficace e rapido, italianamente possibile, duecento miliardi(di debiti).
Laddove i fini tacciono è cosa buona e giusta che parli il Tecnico. Il problema sta nel fatto che non si tratta per nulla di una provvida divisione del lavoro; lo sarebbe se il Politico fosse in grado di discutere anche tecnicamente su come realizzare, attraverso quale percorso, con quali mezzi, i propri fini. Il silenzio del Politico non fa grande il Tecnico, semplicemente lo rende in determinate situazioni il solo attore in scena. Ma un attore, alla fine, impotente. E’ illusione che esso possa sostituire l’agire politico, la sua potenza non rappresenta che la decadenza di quest’ultimo. Altrove, nei Paesi che decideranno il destino del nostro mondo, si è formata una simbiosi tra potenze politiche, tecniche, economiche, in forme del tutto estranee alla nostra idea di democrazia. E tuttavia è la strada obbligata. Il grande tema delle forze politiche e sindacali europee dovrebbe diventare proprio questo, su questo si gioca la loro stessa sopravvivenza: saper indicare un nuovo orizzonte di valori sui quali sia possibile costruire se non un’alleanza, almeno una efficacia dialettica con le grandi potenze tecniche, economiche, finanziarie della nostra epoca. Sarebbe bello vi fossero ancora congressi di partito dove discuterne
LA STAMPA
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